Quattro romanzi per non dimenticare l’orrore dell’Olocausto

25 gennaio 2018

L’insegnante, Le assaggiatrici, I prescelti, Il tatuatore di Auschwitz. Quattro libri per la Giornata internazionale della Memoria

 

Il 27 gennaio si celebra in tutto il mondo il Giorno della Memoria, il giorno in cui nel 1945 le truppe dell’Armata Rossa entrarono ad Auschwitz e liberarono il campo di sterminio.

Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”, diceva Primo Levi. Noi vi proponiamo  quattro romanzi che testimoniano l’orrore della Shoah, per non dimenticare le vittime dell’Olocausto. Perché senza una piena consapevolezza del passato non ci può essere un promettente futuro.

L’insegnante, Michal Ben-Naftali (Mondadori, € 19; e-book € 9,99)

Chi è Elsa Weiss? Una donna dal passato indecifrabile, di cui lei stessa lascia trapelare pochissimo. L’infanzia in Ungheria, il legame con il fratello Jan, poi la fuga a Parigi, il matrimonio con Eric. Elsa Weiss è soprattutto “l’insegnante”; professoressa d’inglese autoritaria come un generale, animata da un fervore quasi religioso per il suo lavoro. Poi un giorno, con lo stesso lucido rigore delle sue lezioni, Elsa si toglie la vita, lanciandosi nel vuoto dal palazzo dove abita a Tel Aviv. Un gesto che nasconde segreti angoscianti. Anni dopo, Michal Ben-Naftali indaga la vita della sua insegnante, cercando di capire perché si sia suicidata senza lasciare spiegazioni. Un’indagine a ritroso che fa luce su una delle storie più controverse della Shoah: il treno di Rudolf Kastner che avrebbe dovuto portare in salvo in Svizzera quasi duemila ebrei ungheresi, in cambio di denaro e preziosi. Su quel treno erano saliti Elsa e il marito, ma un cambiamento di percorso fa dirottare i trentacinque vagoni verso Bergen-Belsen, e solo mesi dopo i prigionieri riusciranno a essere liberati e a raggiungere la Svizzera. La storia di Elsa diventa così, tragicamente, lo specchio di quella di Kastner, in una vertigine dove il senso di colpa dei sopravvissuti si mescola con il desiderio di vendetta. E la morte di Elsa e di Kastner sembra diventare il simbolo di un’ultima silenziosa richiesta: non che le loro vite vengano ricordate, quello no, ma piuttosto che siano lette altrimenti.

Le assaggiatrici, Rosella Postorino (Feltrinelli, € 17; e-book € 9,99)

Rosella Postorino, ispirandosi alla storia vera di Margot Wölk, assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf, racconta la vicenda eccezionale di una donna in trappola, fragile di fronte alla violenza della storia, forte dei desideri della giovinezza. “Il mio corpo aveva assorbito il cibo del Führer, il cibo del Führer mi circolava nel sangue. Hitler era salvo. Io avevo di nuovo fame”. Fino a dove è lecito spingersi per sopravvivere? A cosa affidarsi, a chi, se il boccone che ti nutre potrebbe ucciderti, se colui che ha deciso di sacrificarti ti sta nello stesso tempo salvando? La prima volta che entra nella stanza in cui consumerà i prossimi pasti, Rosa Sauer è affamata. “Da anni avevamo fame e paura,” dice. Con lei ci sono altre nove donne di Gross-Partsch, un villaggio vicino alla Tana del Lupo, il quartier generale di Hitler nascosto nella foresta. È l’autunno del ’43, Rosa è appena arrivata da Berlino per sfuggire ai bombardamenti ed è ospite dei suoceri mentre Gregor, suo marito, combatte sul fronte russo. Quando le SS ordinano: “Mangiate”, davanti al piatto è la fame ad avere la meglio; subito dopo, però, prevale la paura: le assaggiatrici devono restare un’ora sotto osservazione, affinché le guardie si accertino che il cibo da servire al Führer non sia avvelenato. Nell’ambiente chiuso della mensa, fra le giovani donne s’intrecciano alleanze, amicizie e rivalità sotterranee. Per le altre Rosa è la straniera: le è difficile ottenere benevolenza, eppure si sorprende a cercarla. Specialmente con Elfriede, la ragazza che si mostra più ostile. Poi, nella primavera del ’44, in caserma arriva il tenente Ziegler e instaura un clima di terrore. Mentre su tutti, come una sorta di divinità, incombe il Führer, fra Ziegler e Rosa si crea un legame particolare.

I prescelti, Steve Sem-Sandberg (Marsilio, € 20; e-book € 9,99)

Spiegelgrund non esiste più. Le mura che circondavano l’ospedale viennese sono state abbattute e tutto quello che il personale aveva giurato di non rivelare mai a nessuno non è più un segreto. Tra il 1940 e il 1945, in quel diabolico istituto il cui obiettivo ufficiale era di raddrizzare i bambini ribelli e assistere quelli affetti da malattie psichiche, la realtà era tragicamente diversa. Adrian Ziegler vi arriva nel gennaio del 1941. Quegli edifici pallidi all’ombra della collina diventeranno la sua casa negli anni a venire. La sua, come quella degli altri bambini rinchiusi a Spiegelgrund – orfani, ritardati, disabili, piccoli delinquenti, “degenerati razziali” -, è una vita indegna di essere vissuta. Non ci sono cure ad attenderli, solo medici pronti ad attuare il programma nazista di eutanasia infantile voluto da Berlino. Persone convinte che contrastare la malattia, fisica o morale, sia necessario per rafforzare la razza, o forse, banalmente, solo attirate dall’opportunità di tormentare qualcuno. E ancora, ligi esecutori degli ordini, perché a seguire le leggi in vigore non c’è ragione di sentirsi in colpa. Come l’infermiera Anna Katschenka che, pur amando i bambini, ubbidisce per lealtà e senso del dovere e, quasi senza rendersene conto, finisce per scivolare dalla parte dei mostri.

Il tatuatore di Auschwitz, Heather Morris (Garzanti, € 17,90; e-book € 9,99)

l cielo di un grigio sconosciuto incombe sulla fila di donne. Da quel momento non saranno più donne, saranno solo una sequenza inanimata di numeri tatuati sul braccio. Ad Auschwitz, è Lale a essere incaricato di quell’orrendo compito: proprio lui, un ebreo come loro. Giorno dopo giorno Lale lavora a testa bassa per non vedere un dolore così simile al suo finché una volta alza lo sguardo, per un solo istante: è allora che incrocia due occhi che in quel mondo senza colori nascondono un intero arcobaleno. Il suo nome è Gita. Un nome che Lale non potrà più dimenticare. Perché Gita diventa la sua luce in quel buio infinito: racconta poco di lei, come se non essendoci un futuro non avesse senso nemmeno un passato, ma sono le emozioni a parlare per loro. Sono i piccoli momenti rubati a quella assurda quotidianità ad avvicinarli. Dove sono rinchiusi non c’è posto per l’amore. Dove si combatte per un pezzo di pane e per salvare la propria vita, l’amore è un sogno ormai dimenticato. Ma non per Lale e Gita, che sono pronti a tutto per nascondere e proteggere quello che hanno. E quando il destino tenta di separarli, le parole che hanno solo potuto sussurrare restano strozzate in gola. Parole che sognano un domani insieme che a loro sembra precluso. Dovranno lottare per poterle pronunciare di nuovo. Dovranno conservare la speranza per urlarle finalmente in un abbraccio. Senza più morte e dolore intorno. Solo due giovani e la loro voglia di stare insieme. Solo due giovani più forti della malvagità del mondo.

Eleonora Molisani @emolisani