Elisabeth Strout in “Tutto è possibile” racconta le storie di chi resta

20 novembre 2017

Tutto è possibile, di Elisabeth Strout (Einaudi, € 19), è una biografia collettiva sulla forza e la fragilità umane. Un inno struggente all’amore imperfetto.

 

“Siamo tutti un casino. E, anche se ce la mettiamo tutta, amiamo sempre in modo imperfetto”. Forse è la frase che meglio racchiude il senso di Tutto è possibile, ultimo romanzo dell’americana Elizabeth Strout, premio Pulitzer per la narrativa nel 2009 con il bestseller Olive Kitteridge.

Nelle librerie di Amgash, piccolo centro rurale dell’Illinois, arriva il libro memoir di Lucy Barton, partita anni prima per cercare fortuna a New York e diventata una famosa scrittrice. Al paese tutti vogliono una copia del romanzo, curiosi di sapere che cosa ha rivelato delle loro vite l’ormai celebre concittadina.

Patty, grassa e anziana vedova, legge con commozione di quando da piccola la chiamavano Principessina Nicely, e quelle memorie le regalano una dolcezza segreta, come se avesse “un pezzo di caramella gialla appiccicata in fondo alla bocca”.

Vicky, sorella maggiore di Lucy, critica la sorella con astio: non le è mai andato giù che se ne sia andata in città, lasciandola sola con il fratello Pete, “un bambino di mezza età”, eterno custode e prigioniero della casa di famiglia che, al contrario di Vicky, non affonda il coltello nella carne viva dei loro ricordi di bambini, sospesi tra soprusi, miseria e senso di irrimediabile fallimento.

Poi c’è la vicenda di Charlie, che trova sollievo dal dolore dell’esistenza nella stanza anonima di un bed and breakfast con una prostituta; di Abel, che incontra un vero amico nel retro di un teatrino amatoriale prima di morire; di Mississippi Mary, che si innamora a 70 anni su un lungomare italiano e decide di andare a vivere dall’altra parte del mondo pur di invecchiare con un uomo che finalmente la ama e la comprende.

Tutto è possibile è una struggente biografia collettiva, fatta di tante storie-capitolo che si intrecciano; costellata di dialoghi fulminanti, di incontri commoventi, di scontri violenti, di ferite e guarigioni.

Vite redente ed esistenze deragliate convivono in una sintonia narrativa perfetta in questo romanzo che idealmente rappresenta il prequel di Mi chiamo Lucy Barton, uscito nel 2016, storia di una figlia che ripercorre il suo amaro passato, che ancora brucia indimenticato.

E sullo sfondo di questo memoir ambientato tra distese di mais e di soia un’aspirazione che accomuna tutti i protagonisti: “Il sogno di essere compresi, forse il piú umano tra tutti i desideri”.

Eleonora Molisani @emolisani