Intervista a Cristina di Canio, autrice di La libreria delle storie sospese

24 maggio 2016

In La libreria delle storie sospese, romanzo d’esordio di Cristina di Canio (Rizzoli, € 17), Nina lascia il posto fisso per realizzare il sogno di aprire una liberia in una viuzza della città, ai margini della Milano da bere. Un giorno nel locale da lei ribattezzato “la scatola lilla” entra un uomo che lascia un libro in regalo per il cliente successivo, innescando un circolo virtuoso che Nina chiama: “il libro sospeso”.

Nei mesi successivi la nuova iniziativa riempie di clienti il locale, che diventa un punto di riferimento per persone a caccia di amore, compagnia, calore umano. Il romanzo d’esordio della libraia più social d’Italia, che ha davvero lasciato un lavoro sicuro per aprire una piccola libreria di quartiere (in via Sannio, a Milano) è anche una bella lezione di vita. In questa chiacchierata tra gli scaffali lilla Cristina ci racconta perché secondo lei volere è potere.

Il romanzo è un omaggio alla città in cui hai realizzato i tuoi sogni. Rievochi una Milano dove chi arrivava aveva più di una possibilità di realizzarsi. Nella metropoli di oggi, invece, per guadagnare un posto al sole bisogna reinventarsi, come hai fatto tu. Quanto è stato difficile?
«Tutti i lavori fatti prima di aprire la mia libreria erano finalizzati alla realizzazione del mio sogno nel cassetto. Non sopportavo l’idea di passare le mie giornate a fare un lavoro che non mi facesse sentire realizzata e “viva”. Non è stato difficile, sono un’ariete irrazionale e appena ho avuto la possibilità mi sono buttata in questa nuova avventura, che rifarei un milione di volte, e anche di più».

Nina – ottimista, combattiva, testarda – ti assomiglia molto: cosa ti appartiene di più e cosa meno della protagonista del tuo libro?
«Mi appartiene il suo modo di vivere i libri e le storie in generale; mi appartiene meno la ricerca dell’amore sopra ogni cosa».

Adele, voce narrante del libro, è un’anziana che fa compagnia a Nina in negozio. Una specie di angelo custode, forte ma pieno di poesia e delicatezza: sembra dipinto con un pennello. Esiste davvero?
«Il personaggio si ispira a una persona vera. Amo ascoltare le storie, quasi quanto leggerle. La libreria ha una porta sulla strada dalla quale ogni giorno entrano persone ed esperienze di vita che basta davvero essere predisposti ad ascoltare. E poi ho attinto tantissimo dalla storia della mia famiglia, che dal sud si è trasferita a Milano».

Sei di esempio e ispirazione per molti librai, curiosi di sapere come è nata l’idea del libro e come sei riuscita a farti pubblicare…
«Non avevo il libro nel cassetto, non avevo velleità di diventare scrittrice, tutt’altro. Ma così come quando ho deciso di buttarmi e aprire la libreria, allo stesso modo si è presentata l’opportunità di far diventare questa esperienza una storia, e ho accettato di raccontarla, pensando che fosse la cosa migliore per far conoscere a tutti la mia libreria di quartiere».

Come pensi di conciliare da oggi in poi il tuo mestiere di libraia con tutte le attività della “scatola lilla” e il nuovo ruolo di scrittrice?
«Non sono una scrittrice, ho solo raccontato una storia, la mia. Sicuramente avrò bisogno di ritagliare del tempo per raccontarla e promuoverla perché tanti colleghi librai mi stanno chiamando per le presentazioni e ne sono felicissima! Ma una volta terminata la promozione tornerò a dedicarmi corpo e anima alla mia libreria, in cui adesso siamo in due».

Qual è l’esperienza più bella per un buon libraio come te?
«Ce ne sono tante di cose belle, sicuramente lo svegliarmi la mattina consapevole della fortuna che ho. Sto facendo il lavoro più bello del mondo e me lo sono cucita addosso giorno dopo giorno. Non sono una libraia, sono Cristina che ha un negozio di libri e che prova a farlo funzionare».

E la cosa più bella dello scrivere un libro qual è stata?
«Quella di fermarmi ad ascoltare storie e a guardare con occhi diversi le cose che mi circondano».

Hai ceduto al peccato di vanità di pubblicare un libro. Pensi che “peccherai” ancora in futuro?
«Ho imparato a non dire più: mai nella vita…».

Eleonora Molisani @emolisani