Tre manifesti a Ebbing, Missouri: recensione del film vincitore di 4 Golden Globe

14 gennaio 2018

Tre manifesti a Ebbing, Missouri è una dark comedy corrosiva che riesce a far ridere, arrabbiare, commuovere.

Una donna contro tutti. Mildred Haynes (Frances McDormand vincitrice del Golden Globe) è la madre di una ragazza violentata e uccisa nella provincia americana, ma la polizia locale «è troppo impegnata a torturare gente di colore per risolvere il caso», come dice lei.

Spinta da rabbia e disperazione, compra tre manifesti stradali per lanciare il suo atto d’accusa contro l’indolente capo dei poliziotti (Woody Harrelson) che però è amato e difeso da tutti. Così inizia la sua guerra a ignoranza e stupidaggine, grottesche fino a diventare comiche (indimenticabile il tenente razzista e omofobo che riporta la denuncia di “un dentista ciccione” e “una donna dall’occhio strano”).

Il film Tre manifesti a Ebbing, Missouri racconta l’America profonda e i suoi pregiudizi. È un western dove il “pistolero” è una John Wayne donna «armata solo della sua intelligenza e di una Molotov» (come dice McDormand, strepitosa) pronta a vendicare la figlia e tutte le donne vittime di femminicidio.

Scritto e diretto da Martin McDonagh (In Bruges, 7 psicopatici)  il film è fresco di 4 Golden Globes: miglior film e sceneggiatura, miglior attrice protagonista (Frances McDormand), miglior attore non protagonista (Sam Rockwell). Presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, ha vinto il premio per la sceneggiatura. Un capolavoro di ironia politicamente scorretta, tra Tarantino e i fratelli Coen. Ora lanciatissimo verso gli Oscar.

Valeria Vignale