Teresa Ciabatti

Teresa Ciabatti: intervista a “la più amata”, in libreria con il romanzo “Sembrava bellezza”

10 febbraio 2021

Teresa Ciabatti torna in libreria con il romanzo Sembrava bellezza. Una storia di madri e figlie, di amicizia, di tempo che passa e di successo che sfuma. Intervista a una delle autrici favorite al Premio Strega 2021

 

Ha sfiorato il Premio Strega 2017 con il bestseller La più amata e, dopo il romanzo del 2018 Matrigna, Teresa Ciabatti torna in libreria con Sembrava bellezza (Mondadori, pagg 240, € 18; e-book € 9,99). Quando la chiamo per l’intervista spacco il minuto e mi scuso, ma lei ribatte: «Sono puntualissima anch’io. Anzi, arrivo in anticipo. Questione di ansia, penso sempre che possa succedere qualcosa di terribile».

Mette subito a nudo il suo animo inquieto. Inquietudine in cui Teresa Ciabatti intinge la penna in modo chirurgico, stavolta per parlare di giovinezza e successo, su cui si abbatte l’impietoso trascorrere del tempo, di madri e di figlie, di amicizia.

Protagonista del romanzo una scrittrice che, dopo aver vissuto per anni ai margini di tutto, comprese la sua infanzia e giovinezza, conosce il successo per una breve stagione e non si rassegna all’oblio. Sua figlia, ventenne, non le parla più, uniche “amiche” una ex compagna del liceo, Federica, e sua sorella Livia, che dopo un incidente è rimasta bambina dal punto di vista psichico.

Nella protagonista, scrittrice cinica e immatura che non si rassegna alla perdita del successo, riecheggia la voce urticante di La più amata. Si torna all’autofiction?

«Quando ho scritto La più amata mi hanno attribuito quel personaggio e ho subìto le conseguenze di un atto quasi incosciente: sono stata molto attaccata, sui social ma non solo. So che quel libro sprigionava aggressività, la rabbia che per anni era rimasta dentro di me inespressa. Ma se fossi stata spavalda anche nella vita, avrei avuto tutto sotto controllo. Invece, essendo una che ha paura anche della sua ombra, quando ho visto quelle reazioni ci sono rimasta male».

Ma torni sui tuoi passi, quindi la provocazione rimane la tua cifra…

«Infatti, poi ho pensato: gli altri non hanno colpa, ho fatto tutto io. Ero talmente repressa che a un certo punto la mia voce è uscita fuori. In realtà quel personaggio è solo “una possibilità di me”, quello che penso e ho pensato ma mai vissuto. Nonostante tutto, dopo lo stacco con Matrigna, ho capito che è quella voce che mi interessa di più come scrittrice. Non mi piace raccontare stando dalla parte del bene, voglio raccontare la vita da dentro. Mi interessa questo esperimento di partire dall’autobiografia, e poi manipolarla completamente».

Il tema del successo è una tua costante. E oggi più che mai è effimero, sfugge dalle mani prima ancora di afferrarlo…

«In realtà, quello che mi interessa raccontare non è il successo, ma la caduta. Mi affascina l’idea che le cose durino poco: un momento di gloria, oppure la giovinezza. La protagonista ha avuto un successo brevissimo, ma continua a raccontarsi in quel modo, anche se per gli altri è quasi invisibile. Il successo mi interessa nella fase in cui lo ricerchi, o quando lo perdi. Volevo parlare di fallimento, della perdita di tutto. Del momento della tensione, e di quello della caduta».

Teresa Ciabatti. Il privilegio di coltivare le proprie ossessioni

Candidata allo Strega 2016, sei tra i favoriti per quello 2021. Ansia?
«Non credo alle candidature date prima di capire come va un libro. Un romanzo ha bisogno di respiro: se vedi che nell’arco di due mesi “parla” ai lettori, allora puoi fare qualche progetto. E non credo di dover essere risarcita di nulla, anzi. Mi ritengo privilegiata perché mi danno voce, posso spiegare chi sono. La parte divertente della mia vita è cominciata con la scrittura: collaborando con i giornali, proponendo reportage, ho la possibilità di esprimere le mie ossessioni all’infinito».

Nel tuo sguardo ora si avverte la pietas, più compassione verso le miserie umane. Cosa è cambiato?
«Il cambiamento di sguardo per me è una conquista come autrice ed essere umano. Arrivando da una famiglia dove non era facile parlare di sentimenti, era tutto freddo e asettico, ho sempre avuto difficoltà a esprimere tenerezza, empatia, pietà. Anche nella vita l’ho sempre fatto a tratti. Diventare madre mi ha aiutato ad aprire lo sguardo».

Parli di madre e figlia che non si comprendono. Tu che madre sei?
«Non esiste in astratto il ruolo di madre, ciascuno deve trovare l’incastro con il proprio figlio; genitori e figli si devono conoscere nel tempo. Per esempio, io mi ero immaginata una bambina molto femminile, invece mia figlia di 10 anni è un maschiaccio dall’animo dark. Ma non sarò mai la madre che la difende o la protegge troppo, perché penso che umiliazione e conflitto siano esperienze formative. I genitori che pretendono di preservare i figli dal dolore o dal danno, stanno sottraendo al figlio esperienza. Si diventa più forti se si viene defraudati della felicità».

Più spazio alle donne a ai giovani narratori

 

E tu, Teresa Ciabatti, che bambina sei stata?
«Sono stata una bambina molto sola, quindi ho sviluppato l’immaginazione. Leggevo molto, amavo leggere da “selvaggia”, da autodidatta. Mia nonna teneva nascosti certi romanzi di amori e passioni, che a me sembravano dei “porno”. Non avendo mai parlato di certe cose con i miei genitori, ero guidata dalla curiosità verso la vita, i sentimenti, il desiderio. Tutte cose che non vivevo in prima persona. Ma il mio lungo allenamento all’immaginazione è quello che ha fatto di me, più di tutto, la scrittrice che sono diventata oggi».

Sei molto attiva sul fronte della parità di genere nel mondo della scrittura e nel dare spazio ai giovani talenti italiani…
«Come donne non dobbiamo abbassare la guardia e guadagnare degli spazi per tutte, in modo collettivo. Uno spartiacque è stata Elena Ferrante: chiunque essa sia, ha gettato una luce sulla narrativa femminile. Poi mi piace dare voce e spazio ai giovani talenti italiani e a libri che penso lasceranno una traccia, perché affrontano con grande forza temi che meritano di essere conosciuti. La formazione dei nostri figli dipende anche dalle cose coraggiose che scrivono».

Di Eleonora Molisani – Foto di Chiara Pasqualini/MIP