Michael Fassbender: «Prendetevi una pausa, ogni tanto»

17 giugno 2019

Torna al cinema dopo un anno sabbatico. In cui ha sposato Alicia Vikander e si è dedicato a un sogno: le corse automobilistiche. «Ho imparato a staccare. E a non tormentarmi come facevo prima»

 

Carismatico, un po’ misterioso. Soprattutto, Michael Fassbender (42 anni) è seduzione allo stato puro. Si è capito nel 2007, quando è uscito dal regno delle serie televisive per sfondare nel cinema, prima con un piccolo ruolo in 300 di Zack Snyder, poi nei film del regista-artista Steve McQueen, Hunger e Shame coi quali ha conquistato la critica (e per Shame la Coppa Volpi a Venezia) ed è diventato un sex symbol. A quanto dichiara la moglie – la meravigliosa Alicia Vikander conosciuta sul set di La luce sugli oceani nel 2014 e sposata in gran segreto a Ibiza nel 2017 – Michael è romantico, ironico, e ha un’anima da eco- guerriero.

Somiglia ai personaggi che interpreta al cinema

«Il futuro del pianeta è nelle nostre mani, dobbiamo fare di tutto per salvarlo» dichiara anche durante il nostro incontro. Siamo all’anteprima di X-Men: Dark Phoenix, dodicesimo episodio della saga basata sui fumetti Marvel (ora al cinema), con Jennifer Lawrence e James McAvoy tra i protagonisti. Lui interpreta Magneto, mutante attivista, amico-nemico di Charles Xavier (McAvoy). Quando un’eruzione solare minaccia di trasformare Jean Gray (Sophie Turner) nella devastante Fenice Nera, deve escogitare il modo per salvare lei e l’intera umanità. «Magneto è stato un personaggio decisivo per la mia carriera che, prima di X-Men, poteva essere considerata quasi normale. Come la mia celebrità» racconta. «Ora è tutto cambiato».

Ci anticipa qualcosa della storia?
«In Dark Phoenix Magneto crea una specie di stato indipendente e autosufficiente: l’isola-nazione di Genosha, dove accoglie i mutanti che non sanno dove andare. E forse, a eccezione del periodo in cui è stato con la famiglia, vive uno dei momenti più felici della sua vita».

Dalla finzione alla realtà. Pensa che Genosha possa essere una metafora o perfino un modello per la nostra società?
«Perché no? Le abitazioni di Genosha sono ricavate da container abbandonati, esattamente come ho visto in un documentario della BBC, dove un muratore li ha trasformati in case che ha poi donato ai senzatetto. Accade così ad Amsterdam, Bristol, Brighton, Londra… In questo mondo in cui tutto sembra creare divisioni, è importante pensare a un futuro diverso, inventare soluzioni».

Non è strano che un film di supereroi possa essere letto anche come una denuncia?
«Al contrario, credo che questo lo renda ancora più interessante. So bene che a volte questi riferimenti alla realtà possono infastidire parte del pubblico, a me però preme far passare questi messaggi: è proprio grazie al mondo della fantasia che possono essere recepiti. Anche dai bambini».

Questa dovrebbe essere l’ultima avventura di Magneto: le mancherà?
«Di sicuro mi mancherà lavorare con James McAvoy… anche se le scene che abbiamo girato insieme non sono molte».

Da quanto vi conoscete?
«Da quasi vent’anni, cioè dai tempi della serie tv Band of Brothers – Fratelli al Fronte (in Italia andava in onda su Rete4 nel 2003, ndr). Quando James arrivò sul set,  il cast era già affiatato ma lui riuscì subito ad amalgamarsi. Una capacità rara, che mi colpì moltissimo».

Eravate agli inizi e siete entrambi riusciti a emergere. Qual è il segreto per distinguersi?
«Cercare di essere fedeli a se stessi, riuscire a rilassarsi e non andare troppo in tensione. A dire la verità, a me invece succedeva: quando andavo alle audizioni ero tormentato dai dubbi e mi pareva di non essere mai abbastanza cool. Ma se vuoi durare in questo ambiente devi avere un grande istinto e una buona preparazione».

E per rimanere sempre al top, come lei, che cosa serve?
«Innanzitutto scegliere le storie e i copioni giusti. Ma anche, ogni tanto, prendersi delle pause, come ho fatto in questi ultimi tre anni. Quando ho compiuto 40 anni, nel 2017, ho deciso di staccare per un annetto e dedicarmi alla mia grande passione: le corse automobilistiche. Era un sogno che coltivavo da tempo, finalmente ho trovato il tempo per farmi un regalo».

Di Silvia Mapelli – foto Getty Images