18 febbraio 2020

Memos, la mostra che racconta la moda in questo millennio

Aprirà il 21 febbraio al Museo Poldi Pezzoli di Milano e durerà fino al 4 maggio la mostra Memos. A proposito della moda in questo millennio, realizzata dalla Camera Nazionale della Moda Italiana e ideata e curata da Maria Luisa Frisa e Judith Clark, exhibition maker

Partiamo dal nome stesso della mostra, per illustrare qual è l’obiettivo. Il termine memo, il cui significato è “breve promemoria, appunto scritto su un foglietto” era nel titolo dato da Italo Calvino alle lezioni americane che avrebbe dovuto tenere nell’autunno del 1985 all’Università di Harvard, nell’ambito delle Charles Eliot Norton Poetry Lectures. Calvino morì improvvisamente nel settembre dello stesso anno, ma la moglie Esther decise di pubblicarne le tracce scritte. Il titolo dato dallo scrittore era Six Memos for the Next Millenium. Così Memos, parola incisiva e ampia, dà il titolo dell’esposizione il cui obiettivo è stimolare una serie di riflessioni sulla moda contemporanea. 

La domanda fondamentale è: può la moda, nel suo essere industria culturale e sistema di comunicazione, essere considerata pratica scientifica e poetica, e quindi letteraria? Le parole di Calvino sono utilizzate come dispositivi per riflettere sulle trasformazioni della moda, e allo stesso tempo Memos evoca anche le note di Diana Vreeland ai tempi della sua direzione di Vogue America: si tratta di appunti, rivolti alla redazione, che illustrano il mood board di Vreeland. Memos punta quindi a costruire un “discorso sul metodo”, ovvero una riflessione sulla capacità di gestire i diversi prodotti della moda stessa: non solo gli oggetti, ma anche le immagini e le parole. Discorso sul metodo che vede come interlocutori necessari la scrittrice Chiara Valerio e la regista Roberta Torre, a cui viene chiesto di dare voce ad alcuni dei materiali in mostra.

La mostra quindi è insieme un’opera aperta e atteggiamento scientifico e poetico, esercizio “di ricerca e di progettazione, di scoperta e invenzione.” Non è scelta a caso la location, il Museo Poldi Pezzoli, la casa-museo di via Manzoni, nel cuore del tessuto urbano di Milano, a due passi dalla Scala, e vicina alle destinazioni iconiche della moda milanese, da via Montenapoleone a via Spiga. La casa-museo nasce nella seconda metà dell’ottocento per ospitare la collezione del suo fondatore, Gian Giacomo Poldi Pezzoli.

Il museo è stato anche il luogo di una serie di mostre di moda, come 1922-1943: Vent’anni di moda italiana (1980) a cura di Grazietta Butazzi, che hanno guardato alla moda come campo di indagine storica e critica. La selezione degli oggetti: abiti, riviste ed ephemera che fanno parte delle storie della moda, include tra gli altri abiti dei grandi nomi della moda: Giorgio Armani, J.W. Anderson per Loewe, Arthur Arbesser, Demna Gvasalia per Balenciaga, Boboutic, Riccardo Tisci per Burberry, Karl Lagerfeld per Chanel, Gabriele Colangelo, Maria Grazia Chiuri per Dior, Marco De Vincenzo, Fendi, Maria Sole Ferragamo, Paul Andrew per Salvatore Ferragamo, Alessandro Michele per Gucci, Maison Martin Margiela, Francesco Risso per Marni, Noir per Moncler Genius, Moschino, Msgm, Fausto Puglisi, Prada, Pier Paolo Piccioli per Valentino, Valentino, Giambattista Valli, Random Identities, Versace.

Il catalogo ha la dimensione di quello della collezione del Poldi Pezzoli: lo articolano immagini degli abiti e degli oggetti in mostra fotografati negli spazi del museo della coppia di fotografi Coppi Barbieri e testi di Maria Luisa Frisa, critico e curatore, professore ordinario all’Università Iuav di Venezia, dove dirige il corso di laurea in Design della moda e Arti Multimediali; Judith Clark, professor of Fashion and Museology all’University of the Arts London, e ideatore della prima galleria sperimentale di moda a Londra (1997-2002), Gabriele Monti, Stefano Tonchi che mettono a fuoco i riferimenti e le intenzioni del progetto Memos.

Cinzia Cinque