Austin Butler è Elvis

Austin Butler: il re del rock è tornato!

20 giugno 2022

Un provino durato cinque mesi. Qualche segno del destino sparso qua e là. Ora Austin Butler è Elvis. E muove il bacino (quasi) come il mostro sacro

 

Austin Butler è Elvis. Balla e muove il bacino in modo straordinario. Canta meno – solo qualche canzone, il resto è Elvis in persona, più qualche cover – e anche qui, chapeau. Ancheggia e saltella mentre suona la chitarra. E con la voce profonda, lo sguardo blu, l’aria vulnerabile e insieme maliziosa, fa tutto il resto.

Solo un attore-fenomeno poteva interpretare l’iconico Elvis Presley. È stato il re del rock ’n’ roll negli anni 50. Una bomba musicale e sexy accolto con lanci di mutandine dalle ragazze in visibilio ai suoi concerti. Il fenomeno che lo interpreta è Austin Butler, 30 anni, californiano, protagonista dell’attesissimo Elvis di Baz Luhrmann che arriva nei nostri cinema il 22 giugno.

La vita di Austin d’ora in poi si dividerà tra prima e dopo il Festival di Cannes. Qui il biopic è stato presentato in anteprima mondiale. La Croisette ha trasformato un ex attore bambino e teenager – in serie tivù, da Hannah Montana a The Carrie Diaries – in una stella che non ha nulla da invidiare per bellezza e bravura a un Brad Pitt.

Austin Butler è Elvis: forte e fragile, un mito

Elvis racconta il talento e la fragilità, la forza dirompente che l’ha reso un mito. Ma anche l’infelicità profonda che lo ha fatto morire a 42 anni, complice l’influenza del manager-manipolatore che lo trasformò in una macchina da soldi (Colonel Tom Parker, interpretato da un Tom Hanks straordinario, da Oscar, a giudizio di tantissimi). Nel film c’è un Elvis Presley che pochi conoscono, nonostante la fama mondiale. Cresciuto tra le rare famiglie bianche di un quartiere nero di Tupelo, Mississippi, aveva assorbito i gospel e il blues mescolandoli all’amore per la musica country.

A spendere una parola per Austin Butler con il regista di Elvis è stato l’attore Denzel Washington. Con lui ha calcato la scena di Broadway nella pièce Arriva l’uomo del ghiaccio di Eugene O’ Neill qualche anno fa, nel 2018. Da quel momento il ragazzo è approdato anche al cinema d’autore (I morti non muoiono di Jim Jarmush, C’era una volta… a Hollywood di Quentin Tarantino). «E pensare che, dopo tanti anni di televisione e di ruoli che ho accettato solo per crescere in attesa di meglio, avevo quasi rinunciato all’idea di fare l’attore» ha raccontato lui. «Mi ero comprato una piccola telecamera per girare video ma proprio in quel momento è arrivata l’audizione per Broadway. Così l’ho usata per fare il mio primo video-provino».

Chi era per te Elvis Presley prima di questa avventura?

«Qualche anno fa, a Natale, avevo cantato al piano Blue Christmas e, da allora, ho provato altre canzoni di Presley. Finché qualcuno, ascoltandomi, mi ha detto: “Devi assolutamente interpretarlo”. (Pare fosse l’ex fidanzata Vanessa Hudgens; da dicembre Austin sta insieme a Kaia Gerber, ndr). E proprio due giorni dopo il mio agente mi ha chiamato dicendomi che Baz Luhrmann avrebbe girato un film sull’icona. Mi è sembrato un segno del destino e ho pensato che avrei dovuto fare qualsiasi cosa pur di ottenere quel ruolo».

Cosa intendi esattamente per “qualsiasi cosa”?

«Mi sono lasciato ossessionare. Ho iniziato a leggere e guardare tutto quello che potevo sulla vita di Elvis e le sue relazioni. Ho ascoltato ossessivamente solo la sua musica. Ma soprattutto ho cercato un punto in comune con lui, visto che centinaia di migliaia di cantanti lo hanno imitato o copiato e io volevo un mio modo. Finché l’ho trovato».

Un punto in comune tra voi, intendi?

«Sì. Ho scoperto che sua madre era morta quando lui aveva 23 anni, com’è successo a me. Ho immaginato che anche lui si fosse svegliato di notte dopo incubi simili a quelli che facevo io. E ho provato a cantare la sua Unchained Melody pensando a mia madre, che è stata la mia prima grande sostenitrice. Ho deciso di non imitarlo, solo di mettere quell’emozione nel brano. Poi ho inviato la registrazione al regista Baz Luhrmann, prima ancora che iniziassero le audizioni. Che sono durate cinque mesi».

Austin Butler è Elvis: dopo 5 mesi di provini, vero?

«A dire la verità ero convinto di non avercela fatta. In quei mesi ho incontrato più volte il regista e, in una di queste riunioni, mi ha chiesto di preparare tre canzoni che avrei portato all’incontro successivo. Poi, all’ultimo momento le ha cambiate, ho dovuto cantarne altre che non avevo preparato».

Una suspense da cardiopalma…

«Infatti. Mentre aspettavo la decisione finale sono andato un po’ in crisi, ero nel mezzo di un dilemma: sapevo che se fosse stato un “sì” avrei dovuto lavorare come un matto, mentre se la risposta fosse stata un “no” avrei dovuto elaborarla e accettarla anche se ci avevo messo tutto me stesso per tanti mesi. Del resto fa parte del mestiere».

E dopo quel “sì” non hai avuto anche paura? In fondo si trattava di una sfida enorme…

«All’inizio ero solo euforico, provavo un’immensa gioia e anche gratitudine. Poi ho iniziato a sentire tutto il peso, la responsabilità di quell’impegno. Ogni giorno ero teso, nervoso, perché volevo essere all’altezza della prova, rendergli giustizia, onorare davvero la musica e la vita di quel gigante di Elvis. A volte mi sentivo come un bambino che ha messo l’abito del papà e scarpe troppo grandi per riuscire davvero a camminare».

Invece balli e canti strepitosamente. Come sei arrivato a questa interpretazione?

«Ho cominciato a lavorare subito con dei coach per mettere a punto la voce e i movimenti. Ma ho anche guardato ogni singolo video e documentario su Presley. Era importante avere la sua inflessione dialettale. Però dovevo anche rendere i cambiamenti della sua voce nel corso degli anni, perché Elvis è cambiato parecchio durante la carriera. Ho lavorato con la coach Polly Bennett che mi ha aiutato a muovermi come lui. Ma anche a capire che cosa porta una persona a certi gesti e movimenti. Insomma dovevo capire l’essere umano e le sue emozioni».

Austin Butler è Elvis, anche grazie a costumi e pettinatura? Tra gli outfit di Elvis ce n’è qualcuno che ti piace in modo particolare?

«Sono stati utilissimi e ne ho amato più d’uno, secondo il mio stato d’animo. Nelle scene degli anni 50 ci sono alcune mise che mi sono rimaste impresse. Per esempio non avevo mai indossato così tante camicie allacciate e attillate! Ho adorato le giacche bolero, con il loro taglio straordinario. L’abito blu sopra una maglietta di pizzo in tinta. E tra i momenti del film centrati sugli anni 60 c’è uno degli outfit più potenti. È quello in pelle per la Speciale del ’68. Semplicemente fantastico».

Il film è centrato sul rapporto del rocker con il suo manager, Colonel Tom Parker, che qui è interpretato da Tom Hanks. Com’è andata con l’attore due volte premio Oscar (per Forrest Gump e Philadelphia nel 1994 e 1995)?

«Tom è stato il mio eroe per talmente tanti anni… Posso dire che fa parte della mia vita insieme ai suoi film. Figuriamoci che onore è stato per me lavorarci insieme. Non solo è un maestro ma è così gentile e divertente da far sentire chiunque a proprio agio dal primo istante. Sempre umile, sempre meraviglioso».

Di Valeria Vignale – foto Ansa

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