Ditonellapiaga, quanta chimica!

16 settembre 2022

Premiata a fine agosto con la Targa Tenco come migliore Opera Prima, Ditonellapiaga alias Margherita Carducci ci fa ballare con tanta chimica. Con un occhio all’empowerment e l’altro agli anni 80

Ditonellapiaga è una delle scommesse vinte del 2022. Uno di quei nomi di cui sentiremo parlare a lungo. L’abbiamo pensato subito quando abbiamo ascoltato per la prima volta Chimica, il pezzo che ha presentato a Sanremo insieme a Rettore (disco di platino). E ancor prima, a gennaio, in occasione dall’uscita di Camouflage, album d’esordio di Margherita Carducci. Perché la giovane cantautrice romana, 25 anni, capelli lunghi e rossetto rosso, non ha anticipato i tempi.

La vittoria di Ditonellapiaga

È arrivata sulle scene al momento giusto, e lì intende rimanere. Tanto più ora che ha ricevuto la prestigiosa Targa Tenco per la sezione Opera prima. «Non ho molto da raccontare» dice all’indomani della premiazione. «Non mi aspettavo di vincere soprattutto quando ho visto i nomi degli altri artisti (tra i candidati per la sua categoria c’era anche Blanco con Blu celeste, ndr). È il primo lavoro che faccio, per me è un risultato stupefacente». Nel mezzo del tour estivo che la sta portando su e giù per l’Italia, Margherita prova a tracciare un bilancio di cos’è successo negli ultimi mesi.

Ditonellapiaga cos’è cambiato dopo Sanremo e Chimica?

«Tante cose per fortuna sono rimaste come prima ma ovviamente i cambiamenti maggiori ci sono stati dal punto di vista lavorativo. Il tour, per esempio, che era il sogno di una vita. Mi impressiona vedere la gente che canta tutti i brani del mio disco. Con Chimica temevo un po’ l’effetto one-hit-wonder (meteora, ndr). Cioè che le persone potessero stabilire un legame solo con il pezzo del Festival. E invece conoscono i brani, e ci sono delle ragazze che mi fermano per dirmi che trovano la mia musica empowering: le fa sentire più forti. Ecco, trovo che questa cosa sia molto positiva».

Ti piace questa definizione di musica empowering?

«Sì, mi ci ritrovo abbastanza. Mi piace dare un’immagine forte anche se accanto a pezzi che hanno un’attitude di questo tipo ci sono altri brani che esprimono fragilità, sono due facce della stessa medaglia. C’è una scrittura più aggressiva, provocatoria, sensuale e una più intima».

Secondo te è un buon momento per la musica italiana e per le donne, anche se forse non ha più senso la divisione di genere?

«Sono d’accordo allo stop alla divisione di genere soprattutto in termini di play. Spesso si sente dire “la cantante donna” o “la playlist al femminile” ma non viene mai specificato se il cantante è maschio, si dà per scontato. Credo comunque che ci sia sempre più spazio per le donne: ci sono più artiste, più riferimenti, più cantautrici. Fino a pochi anni fa ascoltavamo Carmen Consoli, Giorgia, Elisa, erano poche quelle che riuscivano a sfondare nel mainstream. Oggi la classifica ancora non ci ripaga del tutto, perché a livello di vendite sono sempre in vantaggio gli uomini. Ma più siamo e più saremo».

Rispetto invece a Roma e alla scena romana, com’è stato uscire e allargare gli orizzonti?

«In realtà conosco bene la scena strumentale di Roma, tutta la mia band è composta da amici con cui ho sempre suonato. Invece la mia musica non la sento molto romana, la trovo meno contestualizzata rispetto a quella di Franco 126 o di Ariete, ad esempio. Nei miei pezzi la città esiste ma non è così dichiarata».

Raccontaci del tuo singolo Disco (I Love It). Ci sono due temi: la dance e un’estetica anni 80 molto precisa.

«È la nostalgia di un passato che non ho mai vissuto ma che mi è stato raccontato. In generale a livello estetico c’è un ritorno al vintage e io volevo fare un pezzo con delle sonorità dichiaratamente disco perché era il seguito di Chimica. Camouflage è un album molto eclettico, ci tenevo che i primi due singoli fossero legati tra loro. Anche se Chimica è più anni 80, tende all’elettronica, mentre Disco (I Love It) è fine anni 70, funky ma con una sonorità molto fresca. Mi piace anche l’eleganza del video. È estivo ma raffinato, con una rivisitazione dei videoclip del periodo, una grafica e una grana rétro».

A Sanremo avevamo apprezzato il tuo stile. Che rapporto hai con la moda e come sta evolvendo?

«Mi piace e sta evolvendo nel senso che sto imparando a capire il linguaggio della moda, a individuare i brand che hanno quello che cerco. Ma diciamo che sono ancora in fase di apprendistato».

Spiegaci meglio.

«Quando scrivo un pezzo ho chiarissimo l’immaginario a cui faccio riferimento. Sono addicted di Pinterest, ma poi ho bisogno di qualcuno che traduca questa visione in look concreti. La mia stylist è Susanna Ausoni, ed è bravissima in questo. Per Sanremo ad esempio bisognava bilanciare il fatto che sul palco eravamo in due, vestite da due stylist diverse. E poi era il mio primo Festival: Susanna ha centrato perfettamente quello che volevo, l’eleganza nella sobrietà. Mi presentavo al pubblico dal nulla, credo che se fossi arrivata con un mega vestito piena di piume sarei risultata arrogante».

Ovviamente ci torneresti a Sanremo.

«Sì sì, assolutamente. Ci tornerei da sola anche se con Rettore ci siamo divertite tantissimo. Ci sentiamo spesso».

Con chi altro vorresti collaborare?

«Frah Quintale, perché per me è il capo dello stile. E poi Ginevra e Gaia, ce lo siamo già dette. Loro sono magnetiche».

Di Rachele de Cata