Halftime Jennifer Lopez

Jennifer Lopez: diva spaziale, donna in amore

20 giugno 2022

Portabandiera delle self-made woman di tutto il mondo e simbolo dell’identità ispanica, J.Lo si racconta in Halftime. E mai star è stata più super

 

«Quando il Paese è al suo meglio, tutti vogliono vivere in America». J.Lo ha il volto illuminato dai colori pastello del rendering di un campo da football, mentre accoglie l’entourage nel suo nuovo spazio mentale, un intreccio di autobiografia e politica che prenderà forme (e riflettori) di un’esibizione furiosa: il Super Bowl di Miami. Lontana dai sobborghi newyorkesi dove è nata e cresciuta, Jennifer Lopez, sangue portoricano, la coda del diavolo di una Cleopatra da Cecil B. De Mille, guarda alle minoranze degli Stati Uniti con occhi da leader, insieme all’amica popstar Shakira. Il loro half-time show, opera di alta alchimia targata “Jennifer la Conquistatrice”, non solo è destinato a marchiare l’identità ispanica in tutto il mondo, ma segna il punto di svolta di Halftime, il documentario Netflix della regista Amanda Micheli, presentato in anteprima al Tribeca Festival di New York.

Tra diritti e paillettes

In Halftime, Jen è la sentinella dei diritti umani e delle politiche di immigrazione che tutti vorremmo come scudo. Scaglia ai razzisti e agli emigrati il suo tributo a Bruce Springsteen, quando in scaletta piazza Born in the U.S.A. – in regalo alla figlia, la “little, young Latina girl” Emme Maribel Muñiz – fino a coprirsi il corpo con una bandiera gigante, quasi priva di forza di gravità, per metà americana/portoricana. I suoi genitori, David López e Guadalupe Rodríguez, sono immigrati negli Stati Uniti alla fine degli anni Sessanta; il titolo del documentario si rivolge in parte a loro, due alieni decollati e atterrati in un luogo del tempo dove violenza e fortuna, senza facili trucchi, avevano la funzione inversa: risucchiare i “clandestini” nella terza dimensione americana.

Oggi, sembra dirci “Jenny from the Block”, il viaggio è al contrario e dà le vertigini. Chi arriva negli Usa dal Sud e dal Centro America – quasi 60 milioni solo nel 2020 – rappresenta la più grande delle minorities prese di mira da “The Donald”. Tra un episodio e l’altro del doc, infatti, scorrono le immagini di Trump: nel 2016 aveva promesso di espellere 11 milioni di persone che vivevano da anni negli Stati Uniti, di costruire un muro di cemento armato al confine meridionale e farlo pagare dal Messico.

Ispirata dalla cronaca

Compiuti i cinquant’anni, J.Lo dà il suo personalissimo “fuck you” al razzismo con una serie di esperienze multisensoriali, raccolte nel mirabolante Halftime. Si parte dalla Ramona di Le ragazze di Wall Street – Business Is Business e dalla sua lunga pole dance. La Lopez, seminuda, gira, si contorce e scalcia in un numero di atletismo erotico che si conclude con uno strip club pieno di avventori. Ruggiscono e applaudono. «Vieni a scaldarti nella mia pelliccia» sussurra lei. Con dei numeri di lap infuocati, la pista invasa da mani di banchieri, J.Lo è la regina del locale. Prima regola: «Tu puoi toccare i clienti, i clienti non possono toccare te». In sottofondo, la banca d’affari Lehman Brothers ha già avviato la procedura fallimentare e i bavosi fissi al palo delle showgirls-operaie nel film di Lorene Scafaria non sanno di avere l’American Express fuori uso. È la storia apparsa qualche anno fa sul New York Magazine ad aver colpito Jennifer, al punto da volere interpretare la protagonista e produrre il film.

Jennifer lopez halftimeLa locandina di Halftime

Cast multietnico, due donne in cabina di regia e montaggio. I piedi scalzi, una paillette incollata al tacco, banconote 3D che pendono dal reggiseno. Su un tetto, a pochi passi da Wall Street, la stripper Ramona lancia Jennifer Lopez nell’iperspazio dei premi più prestigiosi, fino alla corsa agli Oscar, poi amaramente persa. Quando avevamo incontrato Jennifer alla première del film, capello biondo platino e abito giallo, ci aveva detto che per il matrimonio con il battitore degli Yankees Alex Rodriguez, entrato nella storia del baseball con il record di 3000 fuori campo, c’era ancora tempo. La priorità? “Diventare Presidente degli Stati Uniti”. Non è andata proprio così. In una nota congiunta, due anni più tardi Jennifer e l’ex fidanzato hanno annunciato la fine dell’amore: “Continueremo a lavorare insieme e a sostenerci a vicenda nelle nostre attività condivise”.

Una vita in mezzo ai flash

Con il ritorno di fiamma fra Jennifer e Ben Affleck, nozze imminenti e contratto prematrimoniale sono tornati a incollare J.Lo alle copertine dei tabloid. Stando alle rivelazioni di Esquire, Jennifer avrebbe chiesto e ottenuto che venga inserito nell’accordo l’impegno a fare sesso almeno quattro volte a settimana. Intanto Affleck appare pochissimi secondi in Halftime e solo per difendere impegno e talento della sua Diva del Bronx, assediata da fotografi e presa in giro, persino nella popolare serie televisiva animata South Park, per le sue curve e per il famoso lato B.

Sarà il mitico abito di chiffon di seta verde Versace, indossato ai Grammy Awards nel febbraio 2000, a cambiare le carte in tavola. Il tessuto trasparente, stampato con un motivo di foglie tropicali e bambù, è “la ragione per cui Google Immagini è stato inventato”, grazie a quella scollatura bassa che si estendeva oltre l’ombelico della Lopez e la vita tempestata di citrini. Cronologicamente, siamo a tre anni di distanza dal successo di Selena, il film che ripercorre vita e carriera della cantante chicana Selena, morta a soli 23 anni in Texas. Una svolta per Jennifer: prima nomination ai Golden Globe.

Non solo musica

Da bambina, le piacevano i ritmi afro-caraibici, la salsa, il merengue, la bachata, e la musica mainstream, dal pop all’hip-hop e R&B. La grande ispirazione resta il musical di Rita Moreno, West Side Story (1961) come racconta nel documentario. Lezioni di canto e ballo sono compresse in un cofanetto di otto anni, tra scuola elementare cattolica e una violenta lite con la madre a 18 anni. Il pregio di un punto di vista sulla vita di J.Lo, dopo parecchie letture disumane sul suo percorso, è che è proprio lei a scriverlo. In prima persona.

Sono sempre state tante, troppe, le versioni di Jennifer Lopez, al punto da renderla “non tanto una star quanto una costellazione” scriverà il New York Times. Lei è J.Lo e Jenny from the Block; una musicista che attraversa i generi e un’icona dei video musicali (If You Had My Love, I’m Real, Ain’t It Funny, All I Have, On the Floor); una diva del pop e un’imprenditrice di lifestyle; una presenza fissa sulle colonne del gossip e sulle copertine delle riviste di moda. In mezzo a tutto questo, è apparsa in molti film. «Io sono un’attrice! Non sono solo una cantante!» mette in chiaro in Halftime.

L’energia e la tenacia

Dopo il 1998, quando lei e George Clooney si incontrano nel bagagliaio di una berlina in Out of Sight, si sono alternate commedie romantiche (in Un amore a 5 stelle il personaggio di Marisa Ventura, madre single che vive nel Bronx e si guadagna da vivere pulendo le stanze di un hotel superlusso di Manhattan, aveva conquistato il botteghino, oltre a regalarci momenti da fiaba, con Jennifer che scambia la sua uniforme da cameriera per un cappotto color crema di Dolce & Gabbana) e tipe toste che prendono a cazzotti il crimine (Money Train e Enough).

Nel 2018, recensendo la mom-com Second Act, Wesley Morris ha dato voce a una delusione collettiva. “Fondamentalmente”, ha scritto, “sono passati vent’anni e sto ancora aspettando di vedere Jennifer lasciarsi andare fino in fondo, ed essere naturale, divertente, acuta, felicissima, sorprendente e aperta come sa essere nelle interviste, su Instagram, come giudice di gara e come artista discografica”. Jennifer stessa ammette che il matrimonio e la routine avevano spento il suo fuoco creativo. Nel 2001 era la latina più pagata nella storia di Hollywood, con 9 milioni di dollari a film. Il suo album di debutto, On the 6, aveva venduto 8 milioni di copie in tutto il mondo. «Ho preso l’etica del lavoro dai miei genitori. Mi sento come se non avessi ancora iniziato. Voglio scrivere altre canzoni, andare in tour, trovare i ruoli giusti, avere una mia famiglia. Ecco perché ho così tanta energia. So cosa mi aspetta».

Il documentario militante

Halftime è stato proiettato allo United Palace di Washington Heights, che si trova a pochi passi dal Bronx, prima del debutto in tutto il mondo su Netflix, qualche giorno fa. «Il Tribeca Festival è sempre stato un evento militante, una celebrazione dell’innovazione del pensiero. Siamo entusiasti di aver aperto con Halftime, un documentario che mette in luce lo spirito attivista di Jennifer Lopez» ci racconta Jane Rosenthal, cofondatrice del Tribeca Festival. «La musica e i film di quest’artista fuori-zona, così solenne e grintosa, ci incoraggiano a lottare per i valori che fanno grande l’umanità».

di Filippo Brunamonti _ foto Courtesy Press Office MTV

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