Il batticuore non ha età. Intervista a Isabel Allende sul romanzo “Oltre l’inverno”

30 novembre 2017

Isabel Allende torna in libreria con il suo nuovo romanzo “Oltre l’inverno” (Feltrinelli € 18,50, e-book € 12,99), storia d’amore, d’amicizia e di seconde chance.

 

Voleva approfittare di ogni singolo giorno, perché ormai i giorni erano contati”. È quasi il bilancio romanzato di una vita l’ultimo libro di una delle autrici più lette e amate della narrativa mondiale, Isabelle Allende. Oltre l’inverno è ambientato a Brooklyn e racconta dell’incontro tardivo ma fatale tra Richard, ombroso professore universitario, e Lucia, matura donna cilena emigrata negli Stati Uniti.

I loro destini si incrociano con quello della giovane Evelyn, immigrata clandestina guatemalteca, in una vicenda che parte da una tempesta di neve tipica newyorkese e via via si tinge di giallo. Un romanzo su temi attuali come l’immigrazione e l’identità razziale, ma anche una storia d’amore e di speranza, che prende spunto fin dal titolo dal noto aforisma di Albert Camus: “Nel bel mezzo dell’inverno ho infine imparato che vi era in me un’invincibile estate”.

Con la scrittrice cilena, in giro per il mondo a promuovere il suo libro, abbiamo parlato del romanzo ma anche di donne, di accoglienza, di storie d’amore e di seconde possibilità.

Richard, Evelyn e Lucia hanno in comune un bagaglio esistenziale doloroso e complicato ma, in modo diverso, alla fine arrivano a godere di una seconda chance. Può capitare a tutti? O si tratta di saper riconoscere e cavalcare il momento opportuno per cambiare?
«Io credo fermamente che in ciascuno di noi ci sia un’invincibile estate. A volte attraversiamo lunghissimi inverni, come Richard e Lucia, che sono soli e hanno paura di invecchiare; o come Evelyn, che vive in uno stato di paura costante. Sono traumatizzati dal loro passato. Ma prendendo qualche rischio e aprendo il loro cuore, alla fine guariscono, e trovano un’altra chance nella vita”.

Dolori personali, vicissitudini familiari, difficoltà di integrazione. Come mai ha deciso di aggiungere anche l’elemento “giallo” al suo libro?
«Non era certo mia intenzione scrivere un giallo, ed è il motivo per cui l’elemento thriller compare solo alla fine del libro, quando il lettore non se lo aspetta più. Avevo bisogno che i miei tre personaggi si trovassero in una situazione pericolosa, una questione di vita o di morte che li avrebbe scossi completamente e forzati a comportarsi con coraggio, compassione e solidarietà. In questo processo hanno trovato l’amicizia e l’amore di cui avevano bisogno».

Le vicende che lei descrive nel romanzo assomigliano a quelle ha vissuto. Quanto c’è di lei nella storia, o delle donne che ha incontrato?
«Il personaggio di Lucia è ispirato a una mia amica che è morta qualche anno fa: era una giornalista e scrittrice cilena che aveva investigato e poi denunciato i crimini della dittatura militare in Cile (1973-1990). Ma probabilmente Lucia ha anche molto di me, della mia storia personale. Evelyn Ortega, la rifugiata guatemalteca, è invece come molte donne che ho incontrato e incontro grazie alla mia Fondazione che aiuta i rifugiati e gli immigrati senza permesso di soggiorno: so benissimo come si sente gente così. Poi, come sempre nei miei libri, faccio molte ricerche e intervisto centinaia di persone».

Lei è un’esule integrata da tempo negli States. Qui affronta i temi dell’immigrazione e dell’identità razziale. In questo periodo di turbolenza mondiale (e di Presidenza Trump negli Usa), pensa che i governi e le persone si stiano comportando in modo responsabile?
«Ci sono milioni di migranti e rifugiati nel mondo, che scappano da violenza, povertà, persecuzione e crimine. Cercano pane e salvezza. Nessuno abbandona casa, famiglia, amici, terra, lingua, se non è profondamente disperato. Poi arrivano in un posto dove ricevono solo ostilità, quindi per loro è ancora più duro dover ricominciare da zero. Dovremmo qualche volta immaginare che cosa significhi per un essere umano tutto questo. Oggi soldi, armi, droghe, informazioni, sono globali. Tutto può circolare liberamente tranne gli esseri umani, abbiamo frontiere che dividono solo le persone. Ma i nazionalismi non fermeranno il flusso di persone disperate, quindi occorrono politiche di integrazione nei Paesi di arrivo e di aiuto nei Paesi da cui esuli e migranti fuggono. E occorrerebbe, in generale, una campagna globale di educazione alla compassione e alla comprensione».

Dopo tanti dolori e distacchi (due divorzi, ma soprattutto la perdita di una figlia) lei ha dichiarato che sta vivendo una bella storia d’amore, una rinascita. Come va?
«La mia storia d’amore va benissimo. Abbiamo entrambi 75 anni e siamo innamorati come adolescenti. La gente può innamorarsi nello stesso modo a ogni età, solo che adesso abbiamo un grande senso di urgenza. Roger è innamorato appassionatamente di me, ha venduto la sua casa di New York e a fine dicembre verrà a vivere con me in California. L’amore non ha età e non ha sesso: è solo questione di personalità».

Eleonora Molisani @emolisani

foto di Lori Barra