Intervista a Crocifisso Dentello, autore di “La vita sconosciuta”

06 giugno 2017

La vita sconosciuta (La nave di Teseo, € 17) è il secondo romanzo di Crocifisso Dentello, autore di “Finchè dura la colpa”, considerato uno dei migliori esordi italiani degli ultimi anni.

Ernesto, cinquantenne disoccupato, è al capezzale della moglie Agata, appena morta. Nella casa vuota risuona l’eco delle loro continue discussioni, dovute – tra l’altro – alla dura vita da cameriera che lei è costretta a fare per sostenere le sorti economiche della famiglia. Ernesto racconta il dolore della perdita ma anche il senso di colpa che lo tormenta, per aver nascosto alla moglie un segreto inconfessabile: la sua omosessualità. Nelle sue fughe notturne, infatti, l’uomo sfoga la frustrazione e il male di vivere in fugaci e umilianti incontri con uomini che si prostituiscono nelle strade e nei parchi di una Milano che diventa protagonista indiscussa del romanzo. Ma non è l’unico segreto che tormenta la coscienza dell’uomo. Il vedovo ha tenuto all’oscuro la moglie anche di un tradimento alla passione politica che li aveva uniti in gioventù, cioè il sabotaggio – avvenuto tramite la sua denuncia alle autorità – di un attacco pianificato con un gruppo di amici rivoluzionari negli anni 70.

Passione politica e passione coniugale si dissolvono di pari passo nel racconto disperato di Ernesto, un antieroe contemporaneo a cui il lettore guarda con un misto di pietà, antipatia, fastidio, pena, lungo le pagine roventi del libro, che si legge d’un fiato.

La vita sconosciuta è un romanzo che arpiona la coscienza di chi legge con i suoi contenuti ostentatamente scandalosi. Che sfida la morale comune con un linguaggio urticante, sfacciato, provocatorio. Mai banale.

Ho incontrato l’autore all’ultimo Salone del libro di Torino; abbiamo parlato del suo romanzo, del percorso che lo ha portato in pochi anni alla ribalta della scena letteraria italiana, della sua movimentata vita social, dei progetti futuri.

Il tuo è un raro caso di esordiente che ha bruciato le tappe, arrivando all’editore “importante” già al secondo romanzo. Vuoi raccontare ai lettori il percorso che ti ha portato a pubblicare con La nave di Teseo?
«Finché dura la colpa, il mio primo romanzo, dopo decine di rifiuti, è approdato alla pubblicazione con Gaffi, piccolo ma prestigioso editore romano, grazie alla dedizione dello scrittore Fernando Coratelli. Non è stato il solo a credere nella mia storia. Mi preme menzionare almeno Andrea Carraro e Renzo Paris, che si sono prodigati anche pubblicamente perché il mio file su pc si trasformasse in un volume di carta. 
Il passaggio a La Nave di Teseo è degno di un film, uno di quei film di formazione dove il reietto viene notato da un benefattore ed entra nel salotto buono. Nell’estate scorsa ricevo una chiamata al cellulare da parte di Elisabetta Sgarbi, che esprime il desiderio di conoscermi. Quando la incontro, il 13 di agosto, in un bar del centro di Milano, la Sgarbi esordisce con: “Ho letto Finché dura la colpa. Mi è piaciuto molto. Ti vorrei con me nella mia casa editrice per il tuo nuovo libro, qualunque cosa tu scriva”. Grazie a Benedetta Centovalli, la mia agente, ho firmato un contratto importante poche settimane più tardi».

Molti criticano l’autopromozione di uno scrittore sui social network. Tu invece pensi che possa aiutare un autore, emergente o affermato che sia? E qual è il modo giusto per farlo?
«Io devo molto ai social network. La mia storia di autore nasce e si consolida su facebook. In assenza di relazioni e di spazi su blog o stampa, ho utilizzato la mia bacheca come vetrina personale per impormi all’attenzione di scrittori, editor e critici. Post dopo post si è formata una piccola comunità virtuale che mi ha seguito e incoraggiato. Credo che a fare la differenza non sia stata tanto la mia passione divorante per i libri (comune a tanti) ma la mia ansia di trasparenza, in un cortocircuito di autenticità da sfiorare l’autolesionismo. Opinioni sempre nette e brucianti. L’unico errore da non commettere mai è indossare una maschera».

Pensi che i tuoi libri piacciano perché tratti temi “forti”, perché il tuo stile non è omologato (hai rivelato di essere autodidatta) o anche perché ti poni come un personaggio fuori dalle righe?
«La ricezione dei miei libri (forse unico caso tra le nuove leve) è connessa al “personaggio”, che si può seguire anche sui social network. I miei testi, al di là dalla loro autonomia e dal loro valore, vengono assorbiti come la sublimazione dell’immaginario che illustro su facebook, twitter e instagram. Tout se tient. Forse il vero segreto è l’irriducibilità mia e dei miei personaggi».

Come definiresti la tua poetica se dovessi decriverla a un pubblico che non ti conosce e non ha letto niente di te?
«Mi preme raccontare le vite dimesse, divorate dalla solitudine; esplorare il tratto di infelicità permanente che grava sui vinti».

Hai scelto volutamente di non dilungarti oltre il centinaio di pagine?
«La vita sconosciuta è stato scritto di getto; è nato da una febbrile stesura che mi ha sequestrato due mesi di vita».

Vuoi dire qualcosa che non hai ancora dichiarato in nessuna intervista?
«La cosa più gratificante che amerei sentirmi dire non è: “Ho amato i tuoi libri”, ma: “Attraverso i tuoi libri ho scoperto altri libri”. Resto un lettore che scrive. Nei miei romanzi si nascondono sempre indizi per altre letture da riscoprire».

Eleonora Molisani @emolisani