15 marzo 2022

Nuovi fashion trend: Dystopia-core VS Avant Apocalypse

L’effetto catartico della moda si esprime attraverso due stili diversi per estetica, simili per valori: ribellione, identità, unicità

 

L’incertezza di questi due anni di pandemia e il susseguirsi di eventi che ci caricano di preoccupazioni e ansie hanno strascichi anche nella moda di tutti i giorni. Se una parte di noi è già pronta a rimettersi l’abito in paillettes e il cappottino a tinte shock proposto sulle passerelle della primavera e anche del prossimo inverno, un’altra si affaccia al nuovo mondo post-pandemico con uno stile opposto. Si tratta di due estetiche simili per ideologia, ma diverse per styling: Dystopia-core e Avant Apocalypse.

Black is back

Facci caso: a ogni episodio di Matrix al cinema, corrisponde il ritorno della pelle nera allover. La saga sci-fi ha segnato le nostre vite per la genialità della trama, per gli effetti speciali e per il total black dei look di Neo e soci, compresa la tuta in lattice di Trinity. La storia racconta di un futuro distopico governato dalle macchine, in cui si combatte per la sopravvivenza.

Suona familiare eh? Seppure in versione meno cinematografica e meno esasperata, la nostra vita degli ultimi due anni ci è sembrata più surreale di qualsiasi plot hollywoodiano rendendoci vulnerabili, fragili, incerte e confuse. Ma il bisogno di ripartenza, di rinascita dopo crisi e distruzione non arriva mai con segnali deboli. Il Dystopia-core parte dal nero, il colore della protesta, della negazione, della fine (speriamo) saccheggiando da Matrix  e dalla cultura Goth. Abiti bondage, stivali cuissardes in lattex, mantelli oversize, chiodo e cappotto in pelle, anfibi dai platform esagerati, corsetti e lingerie a vista, un guardaroba che esprime il lato dark che abbiamo interiorizzato nei due anni, la nostra mancanza di ottimismo e ora la sfida verso il futuro.

Stratificazioni e fluidità

Decostruire per ricostruire è invece la logica alla base dell’Avant Apocalypse. La voglia di sensualità, il ritorno del sexy tanto celebrato dalle passerelle qui si esprime attraverso una moda fai-da-te che si distingue per vecchi abiti ripensati, strappati, tenuti insieme da spille, cinghie, T-shirt squarciate e ridotte in nastri che ricreano nuove silhouette, tessuti sovrapposti e tanta pelle a vista.

Decostruttivismo, asimmetria, stratificazioni, manipolazioni di tessuti come formula di evasione dal mondo degli ultimi due anni, e che ci proiettano in una realtà post-catastrofica, outfit che potrebbero essere stati ideati dalla costumista di film che raccontano un futuro distopico come Mad Max, Waterworld o il più recente Dune. Sebbene nella storia della moda l’estetica è già stata più volte rimaneggiata da Maison Margiela, Rick Owens, e più recentemente dal brand berlinese Ottolinger, questo movimento si sta esprimendo soprattutto tra la Gen Z e su TikTok dove non mancano i tutorial per ricreare gli outfit #avantapocalypse partendo da abiti comprati nei mercatini dell’usato o utilizzando un vecchio pull dimenticato nell’armadio.

L’arte del recupero come frutto di una crescente attenzione alla sostenibilità di questa generazione si mescola con un’altra urgenza: la definizione di sé attraverso la propria fantasia. Un guardaroba scollegato dalle vecchie regole dei colori en pendant, delle proporzioni, dei dresscode, ma più vicino a discorsi di identità, fluidità, genderless, body positivity, dove i codici sono frutto dell’immaginazione di chi li indossa.

Di Paola Salvatore – foto Imaxtree