Vivienne Westwood

Vivienne Westwood, 80 anni fuori dagli schemi

08 aprile 2021

Compleanno tondo per la stilista inglese che ha portato l’impegno politico alle sfilate. Tra diritti umani, battaglie sul clima  e tartan colorato

 

La vecchiaia ti offre molte consolazioni, prima tra tutte la libertà di essere considerata eccentrica». È un complimento
per Vivienne Westwood quando le fanno notare che è sempre stata diversa dalla massa. Attivista politica, inventrice del punk, ufficiale e dama dell’Impero britannico. Incarnazione della Londra contemporanea, colorata e anticonformista. Lei, la stilista più rappresentativa e dibattuta del Regno Unito compie 80 anni (è nata l’8 aprile 1941), ed è ancora in prima linea.

Come la ragazzina arrivata controvoglia nei sobborghi della capitale per studiare oreficeria alla Harrow School of Art (la famiglia era originaria del Derbyshire). E che molti londinesi di una certa età rivedono nella giovane che sfrecciava in bici verso le bancarelle di Portobello Road, dove vendeva le sue prime creazioni: bracciali di rame martellato e anelli d’argento. La sua vita è stata raccontata molte volte: nei documentari Do It Yourself! (2011) e Westwood – Punk, icona, attivista (2019), nella biografia Vivienne Westwood by Vivienne Westwood & Ian Kelly (2014, edita in Italia da Odoya), nella mostra “Vivienne Westwood – Art, mode et subversion” al Museo dei Tessuti e delle Arti Decorative di Lione. E poi negli innumerevoli scritti dedicati alla sua creatività.

L’ultimo su Vogue durante la Paris Fashion Week: un’intervista col marito Andreas Kronthaler, 55 anni, ex alunno della scuola di moda di Vienna, sposato nel 1992 e creativo della maison: «Durante il lockdown abbiamo fatto attivismo, lavorato alla mia strategia per salvare il mondo e cucinato», dice lei. «Ci siamo occupati anche di moda, pulizie, giardinaggio» continua lui. «Passeggiamo ogni sera a Clapham Common (un parco vicino alla loro casa di Londra, ndr)».

Vivienne Westwood tra moda e attivismo

Ripercorrendo la vita di Vivienne Westwood per scrivere questo articolo mi sono accorta che nel mio guardaroba non c’è nulla di suo (mea culpa!). Ma ho sempre immaginato, passando davanti alle vetrine del negozio milanese di corso Venezia, che ci sarebbe stata bene una delle sue giacche in tartan con le cuciture arricciate, un paio di T-bar con il tacco a rocchetto e una T-shirt lettering come “True Punk”, l’artwork sulle magliette della nuova collezione. Rigorosamente di cotone organico, in nome dell’impegno Climate Revolution inaugurato nel 2012 alla chiusura dei Giochi Paralimpici di Londra. Sono famosi i suoi “Friday speech”, i discorsi del venerdì dedicati all’ambiente: “Uso la moda per coinvolgere le persone nella politica“. E del resto l’attivismo è il suo pallino da sempre: “Sin dai primi giorni del punk, negli anni Settanta, sono stata una militante contro la guerra e a favore dei diritti umani”.

Per un mondo sostenibile

«Gli abiti erano politica ancor prima che esistesse la moda e quando ero piccola questo era vero più che mai. Sapevi che ogni giorni ti toccavano i razionamenti e i cosiddetti vestiti funzionali (una marea di tasche e niente risvolti). Sapevi che c’erano la guerra e la fame. E tu ne facevi parte». Dal secondo dopoguerra all’era dei social, la vita e l’opera della Westwood vanno in parallelo con la storia. La moda si è trasformata da privilegio a fenomeno di massa. Ma oggi c’è bisogno di invertire la rotta: «Solo la couture è davvero sostenibile». Il motto della creativa per salvare il mondo? «Compra meno, scegli bene, fallo durare!».

Di Rachele De Cata – foto Getty Images