Luca Valente, 41enne giornalista e scrittore veneto, in Un posto migliore (Panda edizioni, pagg. 413, € 19,90; e-book € 6,99), mette in scena storie di amore e morte tenere e struggenti, che attraversano gli eventi più drammatici del novecento.
Sigmund Freud sosteneva che le pulsioni di vita e di morte scandiscono la dimensione umana. Anche nel suo romanzo eros e thanatos si rincorrono per tutto il tempo…
«Sì, però io ho voluto sottolineare come, nelle situazioni estreme, l’energia maschile si manifesta nella forza, nella volontà di dominio o distruzione e nella violenza. Mentre l’energia femminile è orientata all’amore, alla pace, alla vita. Non a caso, le figure “forti” della storia sono le donne».
Se le donne avessero più potere le cose andrebbero meglio?
«Esattamente. La società, da secoli, è sbilanciata. Diamo più spazio al femminile, permettiamogli di “governare” in modo più incisivo le nostre esistenze e vedremmo meno conflitti, sofferenza e morte».
Nel romanzo suspance e soprese non mancano, fino al finale, che colpisce al cuore. Se il plot è affascinante, anche le vicende storiche diventano interessanti?
«La storia da sola non basta a creare quell’interesse che tiene il lettore incollato alla pagina, neanche se si scelgono ambientazioni e periodi particolarmente stimolanti, come il secolo scorso. Io ho mescolato finzione e realtà, e vedo che ai lettori la cosa è piaciuta molto».
Ai protagonisti, la famiglia Barbero, capita tutto e il contrario di tutto. Lei, che è uno studioso di storia, pensa che il destino già scritto?
«Non credo in un disegno preordinato ma nemmeno nel caos. Ritengo che ci venga data una traccia, un abbozzo di percorso, poi siamo noi che plasmiamo il nostro destino. Solo chi ha poca consapevolezza cerca le risposte fuori da se stesso, invece che in se stesso».
L’autore dialoga con i lettori sul sito LucaValente. Per guardare la video intervista dell’autore clicca qui.
di Eleonora Molisani