Una vita da attivista, di Caterina Nitto: storia di una guerriera del pianeta green

13 January 2015

Oggi più che mai hanno un senso le parole del libro Una vita da attivista, di Caterina Nitto (Mondadori Electa, € 16,90; anche in e-book su InMondadori), dedicate a “tutti coloro che portano avanti i propri ideali agendo nel silenzio e pacificamente”. Sì perché, non so a voi, ma a me sapere che ci sono (ancora) persone pronte a combattere per un ideale, a rischiare la vita per difendere il pianeta, fa sentire meglio. Una di queste persone è lei: Caterina Nitto, 40 anni, milanese, ufficiale di navigazione di Greenpeace, la prima boat-driver italiana donna a pilotare i gommoni d’assalto dell’associazione. Protagonista delle missioni pro ambiente sulla nave Rainbow Warrior II, in Asia e in Oceania, e sulla Esperanza, in Antartide, contro le baleniere giapponesi.

Nella vita c’è chi decide di fare l’arrivista e, per fortuna, chi decide di fare l’attivista. È quello che ho pensato dopo averti letto. Oltre a farci sognare (grazie anche alle immagini da brivido contenute nel libro), qual è il tuo messaggio? «Non voglio fare la morale a nessuno, solo far capire che anche una persona ordinaria può avere una vita straordinaria, se insegue il suo sogno e si impegna per realizzarlo. Io vengo da una famiglia normale ma la passione per quello che faccio mi permette di vivere esperienze fuori dal comune, che mi arricchiscono umanamente e professionalmente».

Sembra facile ma qui si parla (anche) di frapporsi tra un arpione e una balena. Non è proprio da tutti… «Certo, non è semplice, ma anche nei momenti estremi mi sono sempre sentita protetta dall’importanza del “brand” Greenpeace. Il motto è “safety first”, quindi nessuno di noi va in missione senza aver ricevuto un’adeguata formazione. Nelle spedizioni tutto è progettato nei minimi dettagli e, anche nei posti più sperduti del mondo, la gente locale è sempre solidale con noi, perché sente che non combattiamo per qualcosa di astratto, ma per proteggere i luoghi in cui tutti dobbiamo convivere».

Hai girato il mondo partecipando alle più importanti campagne: dall’opposizione alla deforestazione in Indonesia, a quella contro l’inquinamento industriale in Corea e Messico, fino all’antinucleare. Come è cominciato tutto? «Ho iniziato come volontaria di Greenpeace dopo i 20 anni perché, amando il mare, ho sempre creduto che la tutela dell’ambiente in cui viviamo dovrebbe far parte del patrimonio educativo minimo di tutti noi. Penso che una persona sola non possa “salvare il mondo” ma che uniti si riesca almeno a cambiarlo. Nel 2004, da skipper professionista, ho chiesto di far parte dell’equipaggio delle grandi navi di Greenpeace: cinque anni sulla Rainbow Warrior II e sulle Esperanza come ufficiale di navigazione mi hanno consentito di vivere avventure straordinarie. E di dare un senso a quello in cui credo».

Oggi ti occupi di formare gli arrivisti. Che cosa ti spinge a non mollare? «Sono ottimista, credo che, chi può, debba lottare anche per tutti quelli che io chiamo gli “eroi senza nome”, che non possono farlo in prima persona, come le popolazioni vittime di soprusi ambientali, e non solo. Io non ho appeso lo striscione al chiodo, continuo ad andare in giro per il mondo a insegnare agli attivisti come si pilotano i gommoni d’assalto. Ovviamente, facendo questa vita, ho dovuto rinunciare ad alcune cose, ma in compenso c’è l’esperienza stimolante dello scambio continuo con persone di lingua, cultura, religione ed esperienze diverse. Ci chiamano “guerrieri” ma siamo persone normali, che in comune hanno un grande ideale: siamo convinti che, tutelando l’ambiente, in realtà stiamo proteggendo noi stessi».

In concreto che cosa significa vivere “green”? «Per me è una cosa assolutamente naturale, non esiste altro modo di vivere. Basterebbe che tutti, nel loro piccolo, seguissero i principi base dell’educazione civica. Non è necessario fare grandi sforzi o azioni eclatanti. Non sprecare, fare la raccolta differenziata, non inquinare l’ambiente: bisognerebbe insegnarlo ai bambini fin da piccoli. E forse bisognerebbe anche provare a invertire i ruoli: i cittadini dovrebbero dare l’esempio a chi governa».

Hai scelto di vivere in Sardegna con i tuoi cani, i gatti e gli asinelli, tra le querce e i ginepri centenari. «Amo la Sardegna da quando ero piccola e ci venivo in vacanza con i miei genitori. Ho acquistato un terreno su cui ho costruito, con il mio compagno, una casa che concili budget, comfort e rispetto per l’ambiente. Svegliarmi ogni mattina in un luogo che respira, in cui si produce energia in modo autonomo, è un piacere che ha ripagato l’impegno che ci è voluto per realizzarla. Poi di notte, sotto il cielo stellato, quando sento attorno il silenzio e i profumi di questa terra selvaggia, penso che non potrei aver fatto scelta migliore».

Di Eleonora Molisani @emolisani