11 December 2015

7 film da vedere nel weekend

 

Perfect Day di F. León De Aranoa. La tragicomica giornata di quattro operatori umanitari in un Paese balcanico ancora segnato dalla guerra, nel 1995: il carismatico e cinico Mambrú (Benicio Del Toro)  l’ingenua e idealista Sophie (Mélanie Thierry),  un volontario anarchico chiamato “B” e allergico a qualsiasi regola (Tim Robbins), la bella e tosta Katya, che era la ex di Mambrù e riappare a sorpresa nella squadra (Olga Kurylenko). Tutti fragili eroi di oggi, che vorrebbero aggiustare il mondo a fine conflitto ma si ritrovano in guerra contro gli ostacoli più assurdi e imprevedibili. Come rimuovere da un pozzo un cadavere che rischia di contaminare l’acqua potabile della zona: tutto diventa un’avventura rocambolesca, per non dire una missione impossibile, tra incidenti reali e surreali. Raccontando personaggi in cerca di un senso nella vita, il loro slalom fra tante assurdità, i dialoghi crudi e a tratti cinici ma proprio per questo divertenti, il film racconta una storia drammatica, comica e molto umana. Con il grande pregio: di saper guardare la tragedia con ironia, perché solo quella ci può  salvare.

Heart of the Sea – Le origini di Moby Dick di Ron Howard. Non è l’avventura tratta dal capolavoro di Herman Melville, Moby Dick, ma la vera storia vera che ispirò lo scrittore, che nel film è uno dei personaggi (interpretato da Ben Whishaw, il Q di Spectre): il naufragio della nave Essex, affondata nel 1820 dalla leggendaria balena bianca. Molti anni dopo, uno dei pochi superstiti, il marinaio Tom Nickerson (Brendan Gleeson), racconta la disavventura a Melville. Il regista Ron Howard (A Beautirul Mind, Rush) ce la restituisce in un film che unisce lo spettacolo hollywoodiano in 3D alle sfumature psicologiche e simboliche della storia. A cominciare dalla rivalità tra il capitano Pollard (Benjamin Walker) e il primo ufficiale Chase (il meraviglioso Chris Hemsworth, qui dimagrito e tutt’ossa), fino al complicato rapporto uomo-natura, in altalena tra potere e sottomissione: gli uomini sfruttano selvaggiamente le risorse a loro disposizione (l’olio di balena allora, il petrolio oggi), ma la natura, imprevedibile e ribelle, non si lascia dominare.

Quel fantastico peggior anno della mia vita di Alfonso Gomez-Rejon. Greg è un liceale solitario, amico di tutti e nessuno: schivare le relazioni profonde è la sua strategia di sopravvivenza fra i teenager. Tiene le distanze da tutti. Chiama “collega” perfino l’amico d’infanzia Earl, con il quale gira divertenti film-parodie dei classici del cinema. Figurarsi il suo disagio quando la madre insiste perché frequenti Rachel, compagna di scuola colpita da un tumore. Alla faccia dell’ipocrisia, Greg va dalla ragazza e le dice: «Sono qui perché così vuole mia madre». Lei: «Non voglio la tua pietà». E lui: «Ti prego accetta, fallo per me, non so come venirne fuori». E a forza di chiacchiere sincere e buffe, l’amicizia fra i due nasce davvero. Anzi, fra i tre, difatti il titolo originale di questo film premiato al Sundance Festival è Me and Earl and the Dying Girl. Tratto dall’omonimo romanzo di Jesse Andrews, Quel fantastico peggior anno della mia vita (ed. Einaudi) racconta la solitudine dei nerd alle prese coi primi nodi della vita. Ed è uno di quei “dramedy”, quei film fra dramma e commedia capaci di divertire e commuovere. Anche grazie a tre giovani attori bravissimi, alle musiche di Brian Eno, all’originalità dei dialoghi.

Un posto sicuro. Un posto sicuro è quello che Eduardo pensava di avere quando è emigrato in PIemonte, dal Sud, per lavorare alla Eternit. E un posto sicuro è il mondo che il figlio Luca si batte per avere, mentre l’amianto consuma la vita di suo padre. Scoperta la malattia di Eduardo (Giorgio Colangeli), Luca ritrova l’amore (filiale e non solo) e la vocazione perduta: il teatro. Che ha
un valore civile (come questo film), quando raccoglie e racconta le storie delle vittime, mai risarcite, di un disastro ambientale. Ottimo Marco D’Amore (il Ciro della serie Gomorra). Qui al debutto anche come autore, insieme al regista Francesco Ghiaccio, di un testo asciutto e accurato (il libro Un posto sicuro è pubblicato da Sperling & Kupfer).

La felicità è un sistema complesso. Enrico Giusti (Valerio Mastandrea) si è inventato una professione speciale: avvicina imprenditori incompetenti, li frequenta e, fingendosi loro amico, li convince ad andarsene lasciando tutto nelle mani di una grintosa ma efficiente cricca affaristica. Lo fa in buona fede, per evitare fallimenti e licenziamenti, forse per riscattarsi da un suo misterioso passato, forse per non affrontare altri problemi, più personali, irrisolti. Sa essere creativo, dolce e divertente anche con Achrinoam, l’ex fidanzata israeliana del fratello, piombatagli in casa all’improvviso, proprio mentre lui è alle prese con la più delicata delle sue missioni: convincere il 18enne Filippo a cedere le redini dell’impero ereditato all’improvviso con la morte dei genitori. Ma il ragazzo non ci sta a farsi manovrare, si ribella al cinismo del mondo intorno. Il  futuro, visto dallo sguardo puro di Filippo e di Achrinoam, sembrerà diverso anche a Enrico. La felicità è un sistema complesso parla di come la vita possa sfuggirci di mano e riprenderne il mano il timone sia maledettamente complicato, «come entrare in una partita al secondo tempo». Dal regista Gianni Zanasi (Non pensarci) un film poetico sulla necessità di cambiare. Dialoghi intensi, lunghe (ma belle) pause musicali. Con Giuseppe Battiston, Hadas Yaron, Teco Celio e un grande Mastandrea in altalena tra comicità e amarezza.

Chiamatemi Francesco – Il papa della gente. Figlio di immigrati italiani in Argentina, a 20 anni Jorge ha una fidanzata e molti amici, ma anche una vocazione che lo porterà a entrare nell’ordine dei Gesuiti. Lì viene “promosso” Padre Provinciale negli anni bui della dittatura di Videla, che lo segnano: tra i perseguitati del regime ci sono missionari e compagni di strada che lui cerca, a volte invano, di proteggere. Non è un film-santino, quello di Daniele Luchetti su Papa Francesco:  mostra il suo lavoro con la gente, l’umiltà che l’ha sempre caratterizzato, le difficoltà del suo percorso, ancora sconosciuto a molti, che lo ha portato in Vaticano. Protagonista l’attore Rodrigo De La Serna, popolarissimo in Argentina e molto somigliante al giovane Bergoglio.

Dio esiste e vive a Bruxelles. Ed è tutt’altro che buono. Ha la faccia beffarda di Benoît Poelvoorde (l’attore comico di Niente da dichiarare?). Si sbraca bevendo birra nella sua stanza segreta, dove inventa dispetti all’umanità e li realizza con un clic al computer. Sbraita con la moglie un po’ suonata, Dea, e con la figlia ribelle, Ea, sorella del già fuggito J.C. (Jesus Christ, nominato con le sole iniziali). Un giorno anche lei decide di scendere nelle strade del mondo, per cercare sei apostoli tutti suoi e concepire un “nuovissimo testamento”. Prima però manomette il pc del padre e invia un sms a tutti, rivelando a ogni persona la data della sua morte. Inizia così il suo viaggio tra gli uomini che, messi di fronte al contaminuti del tempo che resta, trovano ognuno un modo diverso di viverlo al meglio (e tra loro c’è pure una Catherine Deneuve, moglie frustrata, che decide di mollare il marito per un gorilla… la bella attempata e la bestia, insomma). Fantasia, comicità surreale e riflessioni sul senso della vita firmate dal visionario regista belga Jaco Van Dormael (Toto le heros, Mr. Nobody).

Valeria Vignale