Frankie Hi-Nrg Mc: «Porto l’hip hop a teatro»

30 October 2019

Cinque anni fa, l’ultimo disco. Ora Frankie Hi-Nrg Mc torna sul palco con Faccio la mia cosa, un racconto teatrale sulla storia del rap

Frankie Hi-Nrg Mc (all’anagrafe Francesco Di Gesù) è considerato uno dei padri del rap impegnato.
è considerato il pioniere dell’hip hop italiano, autore di canzoni come Fight da Faida (1992), Potere alla parola (1994), Quelli che Benpensano (1997), che hanno fatto la storia del rap quando il rap nel nostro Paese era ancora un genere underground e militante. Classe 1969, madre egittologa e padre progettista di tubi catodici, Frankie Hi-Nrg Mc torna a calcare il palco con uno spettacolo teatrale, Faccio la mia cosa, che è la trasposizione del suo omonimo libro pubblicato il 30 aprile da Mondadori.

Tra musica e denuncia

Lo spettacolo offre un’ora e mezzo di racconto, dove Francesco Di Gesù (il suo vero nome) intreccia la sua autobiografia di ragazzo cresciuto in una famiglia della borghesia intellettuale con la grande storia del rap americano, un genere nato nel Bronx e nei ghetti neri di New York a metà degli anni 70.

Dalla musica al teatro: perché?
«Faccio la mia cosa è la storia di un ragazzo che diventa artista, cioè io, che incontra un gioco che diventa cultura: l’hip hop».

Che oggi è il genere più commerciale del mondo. E che ieri, agli esordi, era “contro”.
«Il rap non è mai stato contro. Semmai è sempre stato “altro” perché nasce negli ambienti poveri, lontano dai circuiti mainstream. È solo quando le grandi etichette si accorgono della sua straordinaria energia espressiva che cambia tutto. Faccio la mia cosa racconta questo».

Cosa ti aspetti da questa esperienza?
«A teatro avevo già lavorato con Marco Paolini e Massimiliano Bruno. Quello che mi aspetto, rispetto al pubblico più casinaro dei concerti, è l’attenzione alla parola, al racconto che andrò a fare».

E come lo descriveresti?
«È uno storytelling divertente, che forse suscita curiosità in più generazioni».

Frankie è nato come rapper antagonista. Che funzione ha oggi la musica di denuncia?
«Purtroppo i temi sono sempre quelli: la mafia c’è ancora, il razzismo non è scomparso, c’è chi ancora invoca la pena di morte. C’è sempre bisogno di denunciare».

Chi sono oggi Quelli che Benpensano?
«I figli di quelli che lo erano quando l’ho scritta. Oggi però sono molti di più: in mezzo c’è stata la crisi del ceto medio».

Chi sono i tuoi rapper preferiti oggi?
«Fabri Fibra, Rancore, Salmo, Marracash».

Ti chiamano il padre nobile del rap…
«Ringrazio ma è una definizione troppo generosa. Ho solo dato il mio contributo, ma c’è tante gente che è venuta prima di me».

Di Paolo Papi