Ha gli occhi che brillano la milanese Francesca Del Rosso (nella foto), 39 anni e la parlantina di chi pensa e fa mille cose. Ha anche due bambini biondissimi, un marito che ama. E alle spalle, un periodo molto pesante, durante il quale ha dovuto affrontare tre tumori o, come li chiama lei, “sassolini” : due in un seno e il terzo, scovato dopo due anni, nell’altro. In Wondy, ovvero come si diventa supereroi per guarire dal cancro (Rizzoli, pagg. 313, euro 17) racconta la sua storia. Che è ovviamente ricca di momenti difficili, ma anche di ironia, piccole e grandi gioia. E di un’incontenibile e contagiosa voglia di vivere.
Wondy è il suo soprannome, da Wonder Woman. Chi ha iniziato a chiamarla così?
«Gli amici ai tempi dell’università, perché non stavo mai ferma, vivevo sola, lavoravo, studiavo, mi divertivo. Ero un vulcano. Lo sono ancora».
Le è stata utile la sua energia vitale?
«Certo, ma io sono convinta che ogni donna abbia il potere, magari nascosto, di non abbattersi, di reagire. Di farcela a superare questo genere di difficoltà, così come tutti gli altri grandi traumi che ognuno di noi, presto o tardi, si trova a vivere. Io parlo dell’esperienza del tumore ma questo è un messaggio che vale sempre, qualsiasi sia il dolore che ci assale».
Prima del libro, ha tenuto anche un blog sulle sue “chemio-avventure”. L’ha aiutata?
«Eccome! Condividere è un vero toccasana. Mi ha dato una mano a non sentirmi sola, a considerare la mia situazione da un’altra prospettiva. Senza contare le dritte pratiche che ho imparato a nastro».
In Wondy se ne trovano tante, dai trucchi anti-nausea alle domande che chi scopre
di essere malata non dovrebbe farsi mai.
«Già. La prima è “cos’ho fatto di male per meritarmelo?”. Viene da chiederselo, è naturale, ma non esistono risposte. No, certi pensieri non aiutano, anzi».
Nel libro c’è anche la lista di frasi che amici e conoscenti dovrebbero evitare di dire.
«Meglio un bel silenzio pieno di affetto e di rispetto al posto di affermazioni tipo “se è capitato a te è perché sei forte” o “è successo pure a mia zia e stava peggio”. Come potrebbe tirarmi su sentire la sua storia? E poi che cos’è, una gara a chi è più sfigato?».
Quanto le ha dato una mano la sua bellissima famiglia?
«Un sacco. I bambini, in particolare, sono tanti stancanti quanto preziosi, utili per farti sorridere comunque. Ma ci tengo a dire che ciò che conta è non essere sole. Va benissimo anche la compagnia di un amico, di un genitore».
Questa esperienza l’ha cambiata?
«Diciamo che quando ti succedono cose di questo tipo, se la tua vita non ti piace, ti senti legittimata a cambiarla, e lo sei. Io non ho fatto rivoluzioni. Evidentemente ero già felice. Però adesso mi conosco un po’ meglio. Merito del tempo passato immobile, sdraiata al buio, nel tentativo di farmi passare la nausea. In quei casi, è inevitabile iniziare a pensare. E poi ora ho un seno nuovo: una bella terza che sta su da sola! Il bicchiere va visto mezzo pieno, sempre».
di Roberta Sarugia