Intervista a Stephen Amidon, in libreria con “La vera Justine”

13 aprile 2016

Nel nuovo thriller psicologico di Stephen Amidon, La vera Justine (Mondadori, € 19,50), Michael non riesce a dimenticare l’incontro fatale con l’affascinante ed enigmatica Justine. La conosce in un bar, vivono insieme quattro notti di passione e poi lei scompare nel nulla. Nove mesi dopo la incontra per strada, intenta a litigare con un uomo che qualche giorno dopo viene trovato morto per overdose. Michael decide di mettersi sulle tracce della ragazza misteriosa: dove lo porterà la sua ossessione d’amore? Ne abbiamo parlato con Stephen Amidon, autore – tra l’altro – del best seller Il capitale umano (da cui Paolo Virzì ha tratto il film omonimo) durante il suo tour italiano.

Michael, 42 anni, perde il lavoro e si separa dalla famiglia, cade in depressione e poi vittima di un incantesimo d’amore. Un uomo dei nostri tempi, confuso e alla ricerca di una ragione per continuare a lottare…
«Volevo parlare di una persona che dopo aver vissuto per anni nella confortevole situazione di padre, marito e professionista, senza scossoni emotivi o economici, si ritrova all’improvviso vuota e insoddisfatta. In America spesso si fa una vita semplice e comoda, ma sotto l’apparente tranquillità di cittadine provinciali come Annville, si nascondono segreti e lati oscuri. Ho vissuto sia in Europa sia in Usa, e in società sicure e controllate come quella americana a volte si sviluppa un senso di alienazione, di rabbia repressa: con i miei personaggi volevo esprimere anche tutto questo».

Justine è il sogno di ogni uomo, ma è una 30enne che ama in modo “malato”. Anche lei è – in un certo modo – una “derelitta”, che si dibatte tra la voglia di un porto sicuro e il desiderio di essere libera, senza il peso dei giudizi altrui?
«Anche lei è vittima di una società che pretende di relegarla nello schema della “fuori di testa”, della “pazza di cui non ci si può fidare”. In realtà è solo una donna profondamente “danneggiata”, perché a 14 anni ha subito abusi sessuali dalla persona di cui si fidava di più. La cosa gravissima è che spesso le figure di riferimento dei ragazzi – nel caso di Justine lo psicologo che avrebbe dovuto curarla – diventano i loro carnefici. E i danni della violenza precoce, rimangono per tutta la vita».

Fino alla fine anche i personaggi più negativi – come lo psicologo Winter, la madre di Justine, il presunto padre, il fotografo tossico e giramondo – sembrano essere mossi dalle migliori intenzioni, non si rendono conto del male che continuano a fare alla ragazza…
«Non è interessante parlare di un “cattivo” con cattive intenzioni. Il dramma avviene sempre nello spazio tra volontà e intenzione. È come nella vita reale: tutti pensiamo di avere ragione, e spesso facciamo enormi sbagli senza accorgercene. Ma tra tutti i danni che i personaggi fanno, più o meno intenzionalmente, ce n’è uno imperdonabile, la pedofilia: una schiavitù emozionale che provoca ferite irreparabili sulla vittima».

Nel bel finale del libro lei scrive: Michael delicatamente la portò verso la dubbia sicurezza della terraferma”. Il loro amore “impossibile” reggerà l’impatto con la realtà?
«I protagonisti sono persone diverse alla fine della vicenda. Anche se tutto è stato chiarito ci saranno da affrontare le conseguenze delle loro azioni, che in passato non sono state limpide, per nessuno dei due. La cosa positiva è che ciascuno potrà almeno contare sull’altro».

Eleonora Molisani @emolisani