“I tempi non sono mai cosi cattivi da non trovarci un uomo buono”. Richiama la frase di Tommaso Moro il titolo del libro di racconti di Andre Dubus (I tempi non sono mai così cattivi, € 16,90) pubblicato da Mattioli 1885 e tradotto da Nicola Manuppelli. Dopo il successo di Non abitiamo più qui, Voci dalla luna, Il padre d’inverno e Ballando a notte fonda, torna in libreria uno degli scrittori americani più interessanti dei nostri tempi, scomparso nel 1999.
In realtà i tempi non sono mai così cattivi perché lo sono sempre stati cattivi, dall’inizio del mondo. E secondo l’autore americano “se possiamo sopravvivere un momento, allora possiamo sopravvivere anche un giorno”, e da lì in poi anche tutta la vita, forse. Il dubbio esistenziale rimane in sospeso tra le pagine di questa raccolta di uno dei più grandi maestri di short-stories del Novecento.
Per vivere ci vogliono forza d’animo, coraggio, compassione, resilienza. Una parola, quest’ultima, spesso abusata – e che per molti suona anche male – ma fondamentale per la sopravvivenza in qualsiasi periodo storico.
Quelli di Dubus sono racconti vibranti, che tengono incollati alle pagine, su cui senti – quasi fisicamente – il rumoroso dibattersi, a tratti disperato, dei protagonisti.
L’immedesimazione non è difficile, il nostro vissuto è un puzzle fatto per tutti della stessa materia, alla fine. Ecco allora la donna abusata che cerca vendetta, la figlia alle prese con un rapporto di non-detti con il padre, la coppia di disperati che commette una rapina, famiglie che affrontano situazioni straordinarie o quotidiane come amore, passione, tradimento, odio razziale, problemi economici, alcolismo.
Bastano 9 storie per raccontare un’umanità intera, con uno stile realistico e poetico insieme; essenziale ma mai scarno. Piene zeppe di bassezze umane ma anche di tramonti infiniti e di cieli stellati. La sensazione finale è che vinca sempre la speranza. Chi può giurare che dietro l’angolo non ci siano – in agguato – tempi migliori?
Eleonora Molisani