15 aprile 2020

Jan Michelini, regista di “Diavoli”, racconta la sua storia tra Roma, Hollywood a Bollywood

È il regista di Diavoli, dal 17 aprile su Sky, e di Doc – Nelle tue mani della Rai. Jan Michelini racconta le sue esperienze da regista, anche con grandi star di Hollywood

 

C’è lui dietro le quinte di due due serie tivù del momento. Jan Michelini è il regista di Diavoli, thriller finanziario in 10 episodi con Alessandro Borghi e Patrick Dempsey (da oggi 17 aprile su Sky e Now Tv) e Doc – Nelle tue mani con Luca Argentero e Matilde Gioli, andato in onda su Raiuno e ora su Raiplay (tornerà in autunno). Romano, 40 anni, regista anche di varie edizioni di Don Matteo, Jan ha una storia che va oltre i confini italiani: ha collaborato con Mel Gibson alla lavorazione di La passione di Cristo, è stato assistente di Ryan Murphy sul set romano di Mangia prega ama con Julia Roberts e di Ron Howard per Angeli e demoni (per citarne solo alcuni). E ha spaziato da Hollywood a Bollywood, come ci ha raccontato in questa intervista.

Diavoli è un thriller finanziario?

«In realtà la serie non è facilmente definibile, ma è vero che è ambientata nel mondo della finanza internazionale, a cominciare dagli uffici di una grande banca nella City di Londra, e inizia con la morte di un uomo che ci immerge in un’atmosfera di grande tensione che sfocerà in una guerra finanziaria. Racconta molto attentamente il mondo della finanza e il suo potere sulla politica, perché è tratto dal romanzo di Guido Maria Brera (ed. Rizzoli, ndr), scrittore che in quegli ambienti ci lavora da anni. Io stesso ho capito molte cose leggendolo: non sapevo quanto le sorti della società occidentale siano in mano a poche persone, con la politica che spesso non è in grado di intervenire».

Con l’emergenza legata al Covid, è un argomento di attualità: i finanzieri senza scrupoli potrebbero peggiorare la situazione?

«Possono scegliere se aiutare o infierire. Ma il titolo Diavoli può essere fuorviante e far pensare che il racconto dia un giudizio sui personaggi: in realtà non è così, è lo spettatore che si dovrà formare un punto di vista, seguendo la fiction e i colpi di scena che ci sono in ogni episodio».

Qual è stata la scena più forte e impegnativa da girare?

«Un inseguimento in Ferrari nel centro di Londra: quando abbiamo fatto le riprese non era deserta, è stata davvero una sfida!».

Doc – Nelle tue mani è la storia vera di un medico che, dopo un trauma cranico perde una parte della memoria: cosa ti ha fatto scoprire umanamente?

«È stato molto interessante incontrare Pierdante Piccioni, il medico che ha ispirato il personaggio interpretato da Luca Argentero, perché la sua è una storia inimmaginabile: la sua mente ha cancellato 12 anni di ricordi, compresi quelli affettivi, la separazione, la crescita dei figli che, cresciuti, gli sembravano estranei. Il tema della memoria mi ha sempre affascinato, è fondamentale per ognuno di noi e per la storia collettiva».

A proposito della tua, di storia, ci racconti come e perché hai voluto fare il regista?

«Avevo 16 anni quando vidi al cinema Braveheart di Mel Gibson e, uscendo in lacrime per l’emozione, dissi a mio padre: 2ho capito oggi che voglio fare questo lavoro, raccontare storie epiche, di grande coraggio. Quell’estate mi iscrissi a un corso di sceneggiatura vicino a Como, mi trovai tra adulti ma volevo assolutamente imparare. Poi è iniziata la gavetta, ho sempre cercato di dare una mano sui set anche solo, all’inizio, per imparare guardando e rubando qualche trucco al regista. A 24 anni mi hanno chiesto di essere nella squadra di Mel Gibson, proprio lui che mi aveva folgorato con Braveheart, per La passione di Cristo».

Che effetto ti ha fatto agli inizi lavorare con grandi attori di Hollywood, da Dustin Hoffman sul set di I Medici a Julia Roberts in Mangia prega ama?

«Mi ha regalato una familiarità togliendomi un po’ di timore reverenziale: oggi per me gli attori sono tutti importanti, quello che mi agita è l’inizio di ogni produzione, la notte prima non dormo mai. Ma spero di non perdere quest’adrenalina: significa che questo lavoro mi emoziona e appassiona sempre».

Hai fatto anche un documentario su Bollywood, nel 2005, intitolato Bollywood Boulevard. Che esperienza è stata?

«È successo per caso. Sono partito perché infuriavano le polemiche sulle reazioni del Papa a La passione di Cristo e i giornalisti mi cercavano pure sotto casa. Così sono scappato a Bombay, dove ho un’amica produttrice. Sono partito da solo con una telecamera e sono rimasto due mesi e mezzo, ho fatto riprese incredibili con quelle che oggi sono delle star inavvicinabili, gli Al Pacino e le Julia Roberts dell’India. Ricordo di aver preso un elicottero con alcuni di loro atterrando in un set che era come un parco gioco… Nella docufiction c’era un bambino che sogna di fare il regista: era la star di una versione bollywoodiana di Harry Potter, il loro maghetto, e come in tutti i loro film si canta e si balla. Esperienza meravigliosa».

Sei sposato con Giusy Buscemi, attrice ed ex miss Italia, e avete due bambini di 2 anni e 6 mesi. Come state vivendo la quarantena?

«È un’occasione per godersi finalmente la famiglia: sono 4 anni che sto sul set fino a 14-15 ore al giorno e malgrado tutto fa piacere giocare coi bambini e dedicarmi alla scrittura di una nuova serie. Ma ogni tanto uscirò con il drone per filmare Roma deserta».

Di Valeria Vignale