07 ottobre 2020

Consigli per gli acquisti second-hand

 

Comprare e vendere capi di lusso usati non è solo un trend sostenibile ma un cambio di mentalità, come ci racconta Clara Chappaz di Vestiaire Collective

 

La moda second-hand è un fenomeno che sta conquistando tutte, dalle celeb alle fashion addicted. Se il prêt-à-porter sa ancora far parlare di sé – lo abbiamo visto durante la Milano Fashion Week e ce lo auguriamo per i mesi a venire – la griffe di seconda mano è la nuova realtà. Ed è tra i canali di shopping che più soddisfano la richiesta di sostenibilità. A raccontarcelo è Clara Chappaz, Chief Growth Officer di Vestiaire Collective, la piattaforma di compravendita di moda griffata nata in Francia nel 2009.

Com’è cambiato l’acquisto in questi anni?
«Dieci anni fa non erano tutti pronti al cambiamento, seppur consapevoli di quanto la moda inquinasse. Oggi il resell è diventato un’alternativa stimolante, soprattutto grazie ai Millennial e alla Gen-Z, che hanno meno il senso del possesso. Su Vestiaire Collective il 30-40% degli utenti compra e vende, è un modello di economia circolare. In tempo di crisi ognuno di noi fa più attenzione ai propri comportamenti, alle conseguenze sull’ambiente. Non di meno è allettante l’idea di un prezzo più basso per un abito o un accessorio di lusso».

Lo shopping online ha avuto un’accelerazione durante il lockdown. Anche per voi?
«La cosa che ci ha più stupito è stato l’incremento della nostra community. Ce ne siamo accorti solo poco più di un mese fa vedendo i numeri. Interazioni tra utenti e commenti sono cresciuti. La gente in quel momento era isolata e aveva bisogno di far parte di qualcosa. I giovani sono nativi digitali e abituati al social shopping, ma ora si è allargata la cerchia. I clienti avevano bisogno anche di identificarsi con i brand in linea con i propri valori, per questo sono aumentate le ricerche di marchi più sostenibili, o che stavano aiutando la comunità con operazioni charity. Il prodotto non era tutto, cercavano social connection e sani principi».

Voi collaborate con tante celeb per progetti di beneficenza come Second Hand September, per cui molte di loro hanno donato capi a favore di Oxfam. Sono ancora rilevanti?
«Per alcuni utenti l’acquisto è determinato dal proprio lifestyle, per altri è motivato dal coinvolgimento di celebrity. E molti brand lo fanno davvero bene. Abbiamo avuto un picco di ricerche di capi Versace quando Jennifer Lopez è uscita in passerella con l’abito jungle. Il glam conta ancora e anche il lusso. Perché è un investimento, ci sono capi iconici che durano per sempre: un blazer di Saint Laurent (come quello donato da Kate Moss, ndr) o qualsiasi cosa firmata Chanel. In questo momento Gucci è al primo posto, con una crescita del 30%, sicuramente è la maison che meglio ha intercettato i giovani. Ogni volta che Harry Styles sfoggia un look, le ricerche salgono. Piacciono anche marchi emergenti come Jacquemus o Marine Serre, che fa moda sostenibile, o più accessibili come Rouje».

Quali sono le tue regole per lo shopping?
«Una volta al mese passo in rassegna tutto il mio guardaroba e tiro fuori quello che non ho indossato negli ultimi 3 mesi. Se penso di non usarlo la stagione dopo, allora lo metto in vendita. La mia regola è: uno dentro e uno fuori. È il mio modo di contribuire all’economia circolare: recupero dei soldi per il prossimo acquisto e non litigo col mio fidanzato visto che abbiamo poco spazio. Capita a tutte di comprare qualcosa che ci piace tanto, ma che usiamo poco. A me è successo con il marsupio Saddle di Dior, bellissimo: sono riuscita ad averlo a un buon prezzo, ma alla fine l’ho indossato due volte. Non abbastanza, così l’ho rimesso in vendita».

A una lettrice di Tustyle che non ha mai comprato su Vestiaire Collective cosa consigli?
«Se ti piace qualcosa di griffato e non vuoi spendere una cifra altissima, metti un alert sul sito e prima o poi potrebbe arrivare la notifica che un utente l’ha messo in vendita. Ho fatto così il primo giorno che ho iniziato a lavorare qua diciotto mesi fa. Volevo le slingback di Chanel, ma erano sempre troppo care. Poi mi è arrivata la notifica: era stato messo in vendita un paio del mio numero a un prezzo accettabile». Ora metto l’alert anch’io, chissà che quella Birkin di Hermès che sogno da tempo un giorno non diventi mia.

Di Paola Salvatore