22 ottobre 2020

Emma: “A X Factor lascerò ai miei ragazzi la possibilità di scegliere”

Parla come artista ma soprattutto come giudice di X Factor. Perché lascerà ai suoi ragazzi la possibilità di scegliere. E anche di sbagliare

 

Emma veste una T-shirt neutra come il divano sul quale siede, a casa sua. I capelli raccolti in un messy bun, niente trucco e sulla parete tanti piccoli specchi: «Vivo in affitto perché sono una ragazza all’antica. Comprare casa vuol dire avere delle radici salde in un posto. Credo che i ragazzi della mia età possano capirmi: il futuro è incerto e il Covid ha messo una bella pietra sul domani di molti giovani».

Lei, come tutti i suoi colleghi, ha dovuto rimandare al 2021 il tour del decennale. «Noi artisti siamo abituati a stare fermi un anno, ma la pandemia lascerà una falla importante. Per questo dovremmo essere più coscienziosi e rispettare le regole». La conversazione con Emma è un insieme di concetti: empatia, sincerità, imperfezione. E poi impegno, consapevolezza, dedizione. Lei di certo è un’artista molto devota al suo lavoro: dopo aver rilasciato il singolo Latina (un pezzo indie-pop perfetto per chiudere l’estate), tutti i giovedì sera è in tivù con X Factor, il talent di Sky nel quale veste il ruolo di giudice.

«Quest’esperienza mi sta migliorando: sto imparando dai ragazzi, ho preso dalle loro sonorità, dai testi degli inediti. X Factor è uno scambio che riaccende in me la voglia di fare questo mestiere nonostante tutto». Il nonostante tutto di Emma comprende anche la battaglia vinta contro la malattia: «Ho telefonato a mamma e papà, ho detto loro che era tutto finito e poi ho stappato una bottiglia di vino, per brindare alla mia salute».

Emma, partiamo da Latina. Un brano che è piaciuto subito e che ha un video un po’ rétro, in cui tu dici di esserti trovata a tuo agio.
«Il video è frutto di una nuova consapevolezza. E cioè che è bello farsi vedere in tutte le proprie sfumature. In questa storia mi sono divertita a giocare con le mie personalità. Grazie anche agli outfit: posso indossare una camicia bianca molto elegante oppure short e giubbino come una quindicenne, anche se di anni ne ho 36».

Tra i commenti dei fan c’è chi ti ha definito “uno stile di vita”. Qual è?
«Sono più normale di quanto la gente possa immaginare. E in questa normalità, che nel mondo della musica viene un po’ meno, si sono ritrovati molti ragazzi. Questo è lo stile di vita “Emma”. Essere se stessi, pregi e difetti. Trovo che il messaggio sia quello di una sana fragilità, dell’imperfezione, del fatto che non tutto dev’essere costruito con un obiettivo di risultato. Sono solo io, faccio la cantante e dico quello che penso».

In effetti sei sempre stata molto empatica con il tuo pubblico…
«Ci sono persone che mi apprezzano e altre con l’indice puntato, sempre pronte a bacchettare. Ovviamente preferisco confrontarmi con la prima metà, con quelli che comprendono che c’è molto di più rispetto all’ascoltare o canticchiare una canzone. C’è sempre stato molto di più. Ma questo a volte spaventa e allora è più facile attaccare che cercare di capire. Abbiamo perso l’abitudine all’empatia. O alla verità, che ci porta a dover fare dei conti con noi stessi, a porci delle domande alle quali non sappiamo rispondere, perché non siamo più abituati a fare questo lavoro su noi stessi».

Emma, in vetta da dieci anni

Parli di verità nell’era dei social, dove tutto è finto per definizione.
«Io faccio il mio. Sono partita da zero, non sono mai stata una che strattona gli altri. Vengo da un piccolo paese di provincia e mi sono realizzata. Coltivare i sogni, questo è importante. Nessuno oggi crede più alle proprie possibilità perché siamo bloccati da quello che pensano gli altri. Invece dobbiamo mantenere acceso il nostro fuoco interiore, tenere a mente ciò che siamo e chi vogliamo essere».

È questo che dirai ai concorrenti di X Factor? Lascerai loro la libertà, anche di sbagliare?
«Mi sono posta questa domanda tantissime volte. Mi sono chiesta cosa devo cercare di trasmettere ai ragazzi. E sono giunta alla conclusione che la libertà artistica è l’unica cosa che dobbiamo difendere in questo momento, in cui tutto sembra dover andare in una sola direzione. Quindi ai ragazzi che mi verranno assegnati lascerò la responsabilità di essere loro stessi, consci del fatto che fare qualcosa di diverso è complicato, e che ci vuole più tempo per farsi comprendere. Dovranno essere loro a decidere se mantenere un’identità o diventare il prodotto di un momento musicale. Voglio che siano liberi. Sul palco devono essere convinti di ciò che sono. Qualcuno arriverà subito, altri no, ma quando si guarderanno allo specchio dovranno riconoscersi».

La tua è una scelta coraggiosa.
«I ragazzi devono abituarsi anche alle sconfitte perché fanno parte della vita. La società ci impone di essere i numeri uno e ci dice che la qualità non conta. Invece è tutto in questo lavoro. Il cuore, l’anima, la percezione di sé, la costruzione di una carriera che deve durare anni, e non solo sei mesi. Certo, ci vuole sacrificio, a volte si cade, a volte si scivola, a volte si soffre perché non tutti apprezzano, ma quello che conta è restare fedeli a se stessi».

Questo vale anche per gli under (dai 16 ai 24 anni, ndr)?
«Anche i più giovani sono molto preparati. Noi facevamo le prove nei garage con gli strumenti usati. Loro scaricano dei programmi al computer con cui si producono della musica di buonissimo livello. E hanno un’identità. Del resto io non guardo l’età di un concorrente, ma percepisco quanto è dentro la musica da ciò che fa. E poi voglio dirti una cosa: ai ragazzi che mi verranno assegnati regalerò dei libri. Leggere alimenta la testa e la voce. E i ragazzi devono leggere perché le parole sono importanti».

È ciò che hai scritto in un post dopo la morte di Willy, il ragazzo ucciso per aver difeso un amico.
«Ho scritto un post molto delicato. Non ho parlato tecnicamente di quello che è successo ma ho fatto un discorso più ampio, cercando di risvegliare la coscienza di tutti. Le parole hanno un peso perché dalle parole si passa agli esempi e dagli esempi ai fatti. Come al solito però, alcuni hanno strumentalizzato il mio pensiero per tirar fuori le loro frustrazioni. E questo accade perché sui social ognuno può scrivere ciò che vuole da profili non verificati. La maggior parte delle offese arriva da profili fake, dai troll. Noi invece dobbiamo capire chi sono queste persone».

Ti è mai capitato di avere paura?
«Il problema non sono io, ma riguarda tutti: i ragazzini che si ammalano a causa dei bulli. Le chat di gruppo dove a dieci anni volano insulti pesanti. C’è una sottocultura imperante data dall’ignoranza».

E l’ignoranza si batte con l’arte, con la bellezza. E anche col cinema, ultimo tassello della tua carriera.
«Ho fatto una grande esperienza con Gabriele Muccino (Gli anni più belli, ndr). Il cinema è un mondo che amo. Mi piace recitare perché è un lavoro completamente diverso rispetto alla musica. Sul palco porti te stesso, invece sullo schermo ti spogli dei tuoi panni per entrare nella vita di altre persone».

Che effetto ti ha fatto partecipare alla Mostra del cinema di Venezia?
«Venezia è bellissima. Ero ospite del signor Giorgio Armani e ne sono onorata perché lui ha sempre rappresentato le donne in maniera rigorosa ma femminile».

Ti trovi in questa descrizione?
«Sì. Anche l’abito che Giorgio ha disegnato per me rappresenta chi sono e ciò che andavo a fare sul red carpet (Emma ha partecipato alla première del film Miss Marx, ndr). Credo di essere stata misurata, ho preferito un abito sobrio piuttosto che arrivare pomposa, mi sarei sentita fuori luogo. Questo per me è avere stile. Poi c’è la moda, ma lo stile forse è più importante».

La tua famiglia sarà molto orgogliosa di te. Ce ne parli?
«È una delle cose più belle che ho da mostrare. Sono fortunata perché sono nata in una famiglia aperta, libera, a casa non ho mai sentito parole come “negro” o “frocio”. E oggi sia io che mio fratello siamo due persone integre, che si battono per il rispetto del prossimo».

Emma, tu credi in Dio?
«Sono credente. Credo che ci siano delle forze superiori. Credo nel bene e credo nel male. Che poi sia Dio, Buddha o Allah non importa».

Però ai buoni non dovrebbe mai accadere nulla di male. E invece…
«Le persone buone devono rimanere buone anche quando sono circondate da cose brutte. È questo il senso di porgere l’altra guancia, o almeno questa è la mia lettura. Lo ha detto un influencer di molto tempo fa, ma i suoi post non li abbiamo capiti del tutto».

Cosa ci dobbiamo aspettare da te?
«Sarà un anno pieno di musica. Ogni momento è buono per pubblicare un’altra canzone. L’estate è stata intensa e tante novità sono arrivate in modo inaspettato, come Latina (gli autori sono Dardust, Calcutta e Davide Petrella, ndr). Ma quando le canzoni e le collaborazioni arrivano così allora c’è vita, c’è voglia di stare insieme. Preparatevi!».

Di Rachele De Cata