Jaime Lorente: “Con la poesia mi metto a nudo”
Dal 19 luglio lo rivedremo nei panni di Denver in La casa di carta. Ma Jaime Lorente va oltre la tv. Ama il teatro e scrivere. Gran bel tipo…
La bocca è il tratto distintivo di Jaime Lorente. Gioiosa e sensuale, è pure il segno particolare dei personaggi che l’hanno reso famoso: il rapinatore gentiluomo Denver di La casa di carta (dal 19 luglio sarà disponibile su Netflix la terza, attesissima stagione), il tenero spaccone Nano di Élite (sempre su Netflix). Ma il neodivo spagnolo ha un lato inedito. A 32 anni, ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie: A proposito della tua bocca (DeA Planeta). La bocca, insomma, c’entra sempre. E diventa il mezzo per declamare versi romantici, struggenti, anche erotici.
Quando hai iniziato a scrivere poesie?
«Avrò avuto 12 o 13 anni. Tirare fuori i pensieri più intimi mi ha aiutato a superare la timidezza».
Però ti fa anche sentire più esposto, o sbaglio?
«Anche questo è vero. La poesia ti mette a nudo. Mostri la tua verità più come poeta che come attore».
Hai un metodo di scrittura?
«No. Improvviso e prendo appunti quando capita».
Quali sono i tuoi poeti preferiti?
«Amo Charles Bukowski e Pedro Salinas. E il vostro Pier Paolo Pasolini: metteva la poesia in ogni cosa».
Oggi, invece, è il momento degli Instapoet…
«La forma poetica è per natura diretta. Per questo sta recuperando spazio: si sposa col digital. Come dicevo, io fin da piccolo ero interessato alla poesia, ma non c’era un luogo per farla arrivare a tutti. Oggi si fa sui social. La poesia tocca anche i più giovani: sanno dove trovarla, e possono goderne appieno».
Il successo ti ha reso più o meno libero di esprimerti?
«Io non sento la pressione del pubblico, il metro di confronto è sempre e solo con me stesso. Ora è aumentato il lavoro, ma non mi chiedo cosa piace alla gente: penso a quello che voglio fare io».
Qual è il ruolo che ti è rimasto addosso di più?
«Quelli che ho recitato a teatro. Forse l’Alan di Equus, la pièce di Peter Shaffer (la stessa in cui Daniel Radcliffe restava nudo in scena, ndr). Mi sono affezionato anche a Denver e a Nano, ma a teatro c’è un altro tipo di relazione col pubblico. Ed è diverso il lavoro sui personaggi: hai più tempo per studiarli».
Qual è la formula vincente de La casa di carta?
«Siamo come una squadra di calcio e abbiamo tutto quello che serve per fare gol… Però, no, non chiedermi di anticiparvi niente della terza stagione: devo tenere la bocca cucita, altrimenti mi vengono a prendere!».
Sui set de La casa di carta e di Élite hai lavorato con la tua fidanzata, María Pedraza.
«Preferisco non parlare della mia vita privata».
D’accordo. Parliamo allora del fatto che sei considerato un sex symbol?
«Ecco, questo mi intimidisce molto (ride, ndr)».
Torniamo al lavoro. Hai avuto una piccola parte in Tutti lo sanno con Penélope Cruz, ma ancora ti manca un grande ruolo al cinema: ti piacerebbe?
«A me piace ciò che è ben fatto e che ha una bella energia. Se lo è una serie, allora scelgo quella, e lo stesso vale per cinema e teatro».
Il regista dei tuoi sogni?
«Che domande: Quentin Tarantino!».
Ti ci vedrei bene in un suo film.
«Anch’io!».
Di Mattia Carzaniga