12 maggio 2016

Kristen Stewart a Cannes 2016: «La celebrità? Un’arma a doppio taglio»

Il Festival di Cannes è iniziato con il divertente e raffinato Café Society di Woody Allen, con Kristen Stewart, Jesse Eisenberg, Steve Carell e Blake Lively. Racconta la Hollywood (ma anche New York) degli anni 30 con la fotografia del premio Oscar Vittorio Storaro (L’ultimo imperatore, Apocalypse Now) e un gruppo di personaggi alle prese con i temi più cari al regista di Match Point e Blue Jasmine: l’attrazione per la celebrità e l’amore romantico, i rapporti famigliari, il tradimento, i sogni giovanili traditi dai compromessi della vita.

Bobby (Jesse Eisenberg) ha uno zio a New York (Carell) e, sperando di trovare lì una carriera nel mondo del cinema, decide di trasferirsi. Lo zio lo affida alla giovane segretaria (Kristen Stewart), che lo porta in giro per Los Angeles e gli dà la sua visione della Mecca del cinema: un posto molto più noioso di quanto si pensi, pieno di ville da sogno ma, dice la ragazza, è meglio vivere nella normalità. Seguono innamoramento e complicazioni comiche, come nei film più divertenti di Woody, voce narrante della vicenda.

«L’ho pensata come un romanzo, perché è anche la storia di una famiglia ebraica, in molte cose simile alla mia, e ne racconta tutti i personaggi in un certo arco di tempo» ha detto il regista Woody Allen. «Ma è soprattutto una storia d’amore: io sono sempre stato un romantico, forse perché sono cresciuto guardando film hollywoodiani: è il mio marchio di fabbrica. La fama? Ha vantaggi e svantaggi, ma secono me i vantaggi sono nettamente maggiori».

Per Kristen Stewart, che nel film preferisce cenette casalinghe a party mondani tra produttori e attori, «Hollywood amplifica quello che accade in tutto il mondo: la gente farebbe di tutto per arrivare in cima, conquistare il successo e i soldi. Secondo me diventa brutto quando è un desiderio sfrenato e fine a se stesso, se non c’è una passione autentica per il cinema. Quello che mi fa alzare al mattino non è l’idea di intrattenere un grande pubblico, ma il desiderio di raccontare una storia».

Valeria Vignale