30 gennaio 2020

Laura Dern: «Per me, solo donne toste (e crudeli)»

Può essere un avvocato senza scrupoli, o la mamma nel film-manifesto di tante ragazze. Laura Dern ha costruito il suo curriculum con cura. Imparando a dire sempre la sua

 

Al Beverly Hilton Hotel, Laura Dern si muove come una di casa. Il Golden Globe che ha stretto in pugno il 5 gennaio è il quinto conquistato (ha avuto in tutto sette nomination), ma il suo debutto su quel palco risale a quando, quindicenne, fu scelta come Miss Golden Globe, titolo che ogni anno viene assegnato a una figlia o a un figlio d’arte.

Nel suo caso, la coppia d’attori Bruce Dern e Diane Ladd. Ma a rendere speciale questo premio, ottenuto grazie alla sua interpretazione di un’avvocato divorzista in Storia di un matrimonio (disponibile su Netflix), è la possibilità di condividerlo con due persone speciali: il regista Noah Baumbach e Adam Driver. «Noah è un amico, volevamo lavorare insieme da tempo e finalmente ci siamo riusciti. Quanto ad Adam, è un attore e una persona meravigliosa, gli voglio bene».

Se non bastasse, il suo personaggio, Nora, è uno di quelli che fai fatica a toglierti dalla testa: una tipa super cazzuta, determinata al limite della ferocia. E il monologo in cui tira in ballo la Vergine Maria come irraggiungibile modello di perfezione con il quale tutte le madri sono costrette a fare i conti, è destinato a rimanere nella memoria collettiva. «Il miglior regalo che abbia mai ricevuto.
Un discorso sopra le righe, manipolatorio, ma, al tempo stesso, assolutamente vero».

Noah Baumbach ti ha diretta in Storia di un matrimonio e la sua compagna, Greta Gerwig, in Piccole donne. Ti consideri una di casa?
«Un po’ sì. Ci frequentiamo anche al di fuori del lavoro. Girare Piccole donne è stata un’esperienza bellissima, sul set abbiamo fatto gruppo. Sono una fan di Timothée Chalamet, ho trascorso Halloween con lui e con il resto del cast. Sul set c’era un’atmosfera molto intima, come se invece di una mega produzione stessimo lavorando a un piccolo film indipendente».

A chi ti sei ispirata per l’avvocato di Storia di un matrimonio, Nora?
«Ho fatto ricerche, incontrato giudici, mediatori di coppia. Ma, soprattutto, ho parlato con un paio di donne avvocato, mi sono fatta raccontare le loro strategie e come fanno a vincere. Perché vincono sempre».

Che cosa hai scoperto?
«Anche se per loro si tratta di un lavoro e ci fanno sopra un sacco di soldi, vogliono sinceramente aiutare i clienti e fare tutto il possibile per il benessere dei bambini. Spesso anche loro sono madri divorziate e hanno visto molte donne perdere tutto. Donne che dopo aver aiutato i mariti a costruirsi una carriera, hanno dovuto accettare che i figli andassero a stare col padre, visto che lui continuava a vivere in una villa di lusso mentre loro erano senza un soldo in un mini appartamento».

Nel film il personaggio di Scarlett Johansson prende consapevolezza di aver rinunciato a se stessa per far funzionare il matrimonio. A te è mai capitato?
«La mia generazione riteneva normale che, nelle relazioni, toccasse alla donna mettersi un po’ da parte. In una scena, Scarlett dice al suo ex: “Non mi hai chiesto che cosa volessi io”. E lui ribatte: “Tu, però, non mi avevi mai detto di volere qualcosa di diverso”. Conosco quel genere di situazione. Da giovane non pensavo di avere il diritto di esprimere le mie opinioni ad alta voce o di rivendicare il diritto a vivere alla mia maniera. Cosa che mia figlia Jaya, a 15 anni, sa già fare benissimo».

Vedi il rischio che i diritti conquistati possano essere rimessi in discussione?
«È un dato di fatto che ogni volta che si fa un passo avanti, cresce la paura. Ma l’opinione pubblica ha un grande potere. Il numero di donne ai vertici delle aziende è cresciuto perché la gente ha puntato il dito contro le compagnie e ha preteso un cambio di marcia. Alla base dei cambiamenti ci sono i soldi, non la bontà».

Vale anche nel cinema?
«I manager degli studios erano convinti che il cinema fosse una passione maschile. Quando hanno capito che in platea le donne erano di più si sono detti: “Facciamo più film con protagoniste femminili interessanti, facciamone dirigere qualcuno a una donna”».

Cosa provi quando guardi indietro alla tua carriera?
«Ho interpretato donne problematiche, toste, anche crudeli in tempi in cui non era così frequente. Ma quello del cinema era un mondo difficile per una ragazza e ho avuto non so quante esperienze spaventose. Sono stata fortunata a uscirne incolume».

Di Elena Quinzane