06 September 2019

Alessandra Mastronardi: «Il mio bello? “È l’anima napoletana»

Jeans sdruciti. T-shirt con due cuori trafitti. E l’aria felice di una studentessa volata nella vacanza dei suoi sogni. Così appare Alessandra Mastronardi prima della vestizione che la porta a sfilare ogni sera, fino al 7 settembre, sul red carpet della Mostra del cinema di Venezia, di cui è stata madrina. Emozionatissima. «La prima volta che sono venuta al Lido, con un’amica che aveva un film in concorso, mi sentivo Alice nel Paese delle meraviglie» ricorda.

Ma dopo una dozzina di anni e una trentina tra film e serie tivù, il suo spirito non sembra cambiato. La 33enne attrice diventata celebre sul piccolo schermo con I Cesaroni (dal 2006) e poi con Romanzo criminale (2008-2012), sbocciata in film d’autore anche internazionali (To Rome with Love  di Woody Allen, Life di Anton Corbijn) e in serie come I Medici (Raiuno) o Master of None (Netflix) dove parla un inglese impeccabile, colpisce proprio per il miscuglio di entusiasmo e understatement.

«Spero un giorno di tornare qui per presentare un film, intanto mi godo tutte le anteprime possibili e l’emozione di premiare Pedro Almodóvar o incontrare Brad Pitt». Antidoti all’agitazione? «Per fortuna c’è Ross, il mio compagno, a sostenermi». Difatti il suo compagno Ross McCall, 43 anni, attore scozzese, appare spesso accanto a lei.

In che modo ti conforta?
«Se avrò un momento di crisi sul palco della Biennale, potrò cercare il suo sguardo e rassicurarmi».

Avete girato anche un film insieme, Us, che Ross ha scritto e interpretato. È così che vi siete conosciuti?
«Ci eravamo incontrati prima di girare questo indie-movie ambientato in Italia, che ricorda Prima dell’alba e deve ancora uscire. È la storia di una coppia (Ross e Allison Miller) che torna nei luoghi del viaggio di nozze. Io sono un’altra donna dal ruolo non chiaro, un po’ onirico. Ci siamo innamorati dopo le riprese».

E vivete insieme a Londra, dove ti sei trasferita da più di quattro anni. È grazie a questa scelta
che hai avuto ruoli internazionali?
«Tutto è iniziato con il film di Woody Allen, ma stare in Gran Bretagna ha aiutato, anche solo per la lingua. Mi ero trasferita per stare con il mio ex, ma quando è finita ho deciso di restare lì: avevo combattuto tanto per costruirmi un nuovo nido di relazioni, una routine».

Come sono le tue giornata londinesi?
«Come quelle romane, ma in inglese! Faccio pilates e meditazione, preparo provini, vedo gli amici».

Torni per i film e ora per la Mostra. Che cosa ti agita di più del ruolo di madrina?
«Non ho mai presentato un evento o recitato a teatro, d’altronde per crescere devi pur fare qualcosa di mai provato prima. E poi i red carpet: sono timida e mi sembra strano dovermi mettere in mostra al di fuori del mio lavoro. Ma ho una strategia da attrice».

Vale a dire?
«Mi sono inventata una storia per ogni outfit. Un esempio? L’abito nero con le perline della serata inaugurale ricorda la Hollywood anni 50: ho pensato a Anna Maria Pierangeli, l’attrice e amore di James Dean che ho già interpretato nel film Life. Ho scelto un outifit coloratissimo di Gucci pensando ai film di Almodóvar e uno smoking di Brioni per un tipo di donna forte, con un look un po’ androgino, anche se femminile».

La tua, di femminilità e bellezza, di cosa è fatta se ti sforzi di descriverla con un po’ di distacco?
«Direi che viene dalla mia anima napoletana. Credo di essere positiva e generosa: cerco di mettere gli altri a proprio agio, cosa che a volte mi si ritorce contro, perché finisco per trascurare le mie esigenze e rinunciare a qualcosa. Ma sono stata educata così».

Ti spiace?
«Assolutamente no, è nel dna di noi partenopei tenere ai rapporti umani, averne cura. E poi mio padre è uno psicanalista, a casa si parlava molto di psicologia, al punto che avevo iniziato a studiarla all’università. Mi interrogo anche su me stessa, sono ipercritica, e se posso complicarmi la vita con un percorso più tortuoso del necessario, lo faccio di sicuro!». (Ride, ndr).

Ti sei chiesta come mai?
«Forse perché cerco di fuggire dalla superficialità, dalla banalità. O forse perché ho troppe insicurezze, ma su questo sto lavorando con la psicoterapia. Ne parlo perché a casa mia non è tabù, anzi. Aiuta anche a capire perché gli altri agiscono in un certo modo. Mi piace mettermi nei loro panni».

Recitare è proprio questo, in fondo… oppure avresti seguito anche le orme di tuo padre?
«Recitare era solo uno dei miei sogni. Amavo studiare psicologia, pure arte e iconografia. Poi mi hanno offerto I Cesaroni e ho dovuto scegliere».

Eppure a 13 anni eri sul piccolo schermo in Amico mio e Un prete tra noi. Non era già una scelta?
«Era il mio grande parco giochi. È nato tutto per puro caso, in un centro estivo e per farlo ho dovuto lottare con i miei: loro non volevano che trascurassi la scuola. Potevo accettare solo impegni limitati al weekend».

In autunno ti vedremo in Si muore solo da vivi, girato in Emilia. Ci racconti qualcosa?
«È una storia d’amore e di amicizia dopo il terremoto del 2012. È stato interessante girare in quelle zone: hanno sicuramente avuto aiuti, ma si sono tutti rimboccati le maniche».

Dopo Londra potrebbe esserci l’America?
«Sono troppo europea. Mi piace New York, mi interessa San Francisco… Mi basta lavorarci e mantenere contatti e amicizie, anche coi colleghi. Con Aziz Ansari ci scambiamo ricette. Gli passo anche quelle napoletane».

Di Valeria Vignale