Alessandro Borghese

Alessandro Borghese: “Non so ancora se ho talento”

13 maggio 2022

Ora su Tv8 con Alessandro Borghese Celebrity Chef, ci racconta come è nata l’idea del nuovo format e la sua vita tra fornelli e tivù

 

La passione per la cucina gli è scoppiata dentro a 14 anni. Poi ci sono stati i programmi di successo, fino al recente che vede in gara le celebrità. ma ancora oggi Alessandro Borghese si chiede se è un uomo di spettacolo prestato ai fornelli o uno chef prestato alla tivù.

Avete presente Ludovica Comello, conduttrice di Italia’s got talent? Come si sentirebbe se fosse lei a essere giudicata per come cucina? E il due volte campione mondiale Filippo Magnini sarà tanto abile ai fornelli quanto in vasca? E ancora: la versatile e ribelle Jo Squillo farà l’attivista anche in veste di cuoca? Sì, confesso: non rientrando la cucina nelle mie primarie abilità, nutro, per una sorta di contrappasso, una curiosità insana di sapere come se la cavano gli altri, soprattutto loro, le celeb, quando si tratta di mettere il piatto a tavola.

Una curiosità che ora potrò soddisfare grazie al nuovo format appena lanciato da TV8 e prodotto da Banijay Italia, Alessandro Borghese Celebrity Chef, in onda dal lunedì al venerdì alle 20,30. Funziona così: in ogni puntata due personaggi famosi, appartenenti al mondo della musica, dello sport e dello spettacolo, si sfidano preparando un loro menu degustazione in tre portate, per conquistare il titolo di “celebrity chef”. A votare sono i clienti del ristorante di Borghese, Il lusso della semplicità, dove si svolge la gara, e i giudici che commentano i piatti sono Angela Frenda, food editor del Corriere della Sera, e lo chef Enrico Bartolini, quattro stelle nella Guida Michelin, mentre a supportare le due star c’è il padrone di casa, che abbiamo incontrato sul set dello show.

Alessandro Borghese con Angela Frenda, food editor, e lo chef Enrico Bartolini

Come è nata l’idea?

«Ho notato che la gente parla sempre di più di pranzi da urlo e cene luculliane. Così ho voluto dare un’opportunità a qualcuno di mettersi alla prova. Ho invitato alcuni vip e ho detto: vi do la Formula Uno, cioè la mia cucina professionale, e vi metto a disposizione per 4 ore la mia brigata (due sous chef e due addetti alla sala, ndr), vediamo cosa siete capaci di fare».

Reazioni degli aspiranti chef?

«All’inizio sono guardinghi, timorosi, poi pian piano prendono confidenza, si cala- no nel ruolo. Certo, c’è chi dice “ma chi me l’ha fatto fare”, ma l’ansia fa parte del gioco, se ben gestita dà buoni piatti».

Quali sono le difficoltà?

«La preparazione del dolce è un discrimine, è un piatto che incute timore, perché comporta abilità extra rispetto ai primi e ai secondi. Comunque tutti sono liberi di scegliere il menu che preferiscono. Viene comunque fuori la personalità: per esempio lo sportivo, se sta perdendo, cerca di recuperare, modificando il menu strada facendo. L’importante è partecipare ma poi scatta la competitività, tutti vogliono vincere, fare bella figura, stupire i giudici».

E ci riescono?

«Un paio di piatti ci hanno sorpreso».

Tu intervieni?

«Entro in cucina per controllare ma mi limito a dare dei tips».

Quali menu scelgono i concorrenti?

«Di tutto: dai tradizionali ai vegetariani, dagli healthy alle sperimentazioni».

Quali sono gli errori più comuni?

«La gestione dei tempi: nella cucina professionale l’acqua bolle in 2 minuti e non in 10, la carne rischia di bruciare…».

Un ingrediente strano o inusuale?

«La mano di Buddha, un agrume della famiglia del cedro, una sorta di limone con gusto resinoso. Mentre tra i tradizionali vincono gli spaghettoni».

Secondo te, perché gli show cooking hanno tanto successo?

«Siamo un popolo di poeti, navigatori e cuochi. Il nostro è l’unico Paese in cui, all’ultimo boccone del pranzo, si chiede: “Cosa mangiamo a cena?”».

Mia madre ci svegliava all’alba per chiedere cosa volevamo a pranzo…

«Anche se si cucina sempre meno e quindi ci si accontenta dei programmi. Che però racchiudono un messaggio: la cultura gastronomica è un percorso di narrazione, dove ognuno racconta se stesso».

Come sarebbe stata la tua carriera senza tivù?

«Avrei avuto più tempo per stare ai fornelli. In realtà, non è chiaro se sono un uomo di spettacolo prestato alla cucina o uno chef prestato alla tivù».

Cosa si può dire di nuovo in cucina?

«La cucina è un mondo. In futuro mangeremo gli insetti, in alcuni posti già accade, in fondo i grilli non sono altro che gamberi di terra. È solo questione di abitudine».

Il lockdown è un brutto ricordo?

«Spero. Ho rischiato di chiudere, ho anticipato la cassa integrazione, ma ci rifaremo. Certo, sono strange days, il mio è un mestiere che comporta la gioia di uscire a cena, ma se cala il potere di acquisto…».

A un certo punto ti accorgi di avere talento. Età?

«Non me ne sono ancora accorto. Comunque la passione della cucina mi è scoppiata dentro a 14 anni, ma non so se ho fatto bene a seguirla».

Come ti rilassi?

«Stando con la mia famiglia. Gioco con i gatti, ascolto mia figlia che suona la chitarra elettrica, assisto alle gare di equitazione dell’altra mia figlia. Oppure corro in auto».

Il libro che hai sul comodino.

«Sto rileggendo quelli che ho scritto io in passato perché vorrei farne uno nuovo».

Chiudi gli occhi: il primo piatto che ti viene in mente?

«Cacio & pepe».

Oggi è il tuo giorno libero. Per cena…

«Spaghetto a vongole, come si dice a Na- poli, e impepata di cozze».

Cucini tu?

«Certo, chi altri se no?».

Di Cinzia Cinque – foto Getty Images