Penelope Cruz

Penélope Cruz: felicità è mettersi al secondo posto

04 maggio 2022

Nel suo nuovo film si trasforma in una regista sola e insoddisfatta, con la testa piena di ricci, che se ne frega di tutto e di tutti. Penélope Cruz è esattamente l’opposto. E il trucco per stare bene, ci spiega, è proprio quello

 

Sono 30 anni esatti che ci incanta dallo schermo eppure il viso di Penélope Cruz non è molto cambiato da quando, 18enne, si affacciò nei cinema con il film Prosciutto prosciutto di Bigas Luna. Il 28 aprile l’attrice spagnola festeggia 48 anni di invidiabile fascino e circa 80 tra film e fiction spesso d’autore. Da Tutto su mia madre di Pedro Almodóvar (1999) che la rese celebre nel mondo a soli 25 anni, a Vicky Cristina Barcelona di Woody Allen che le fece vincere l’Oscar nel 2009. Dal popolare Pirati dei Caraibi – Oltre i confini del mare di Rob Marshall al recente Madres paralelas, sempre di Almodóvar, che le ha portato la Coppa Volpi alla Mostra del cinema di Venezia e una nuova candidatura alla statuetta.

Nessuno però l’aveva mai vista con la capigliatura lunga e riccissima, e una comicità che sfiora la satira, di un altro film presentato a Venezia e in uscita nelle sale il 21 aprile: Finale a sorpresa – Official competition di Mariano Cohn e Gastón Duprat racconta con ironia il mondo di artisti e attori, e di chiunque abbia abbastanza vanità ed ego da pensare di lasciare un segno nella storia umana. Penélope interpreta la celebre regista Lola Cuevas, tanto sexy quanto ambiziosa, scelta da un miliardario per dirigere il film che lo ricorderà al mondo per sempre. Per girarlo chiama i due più grandi attori – e rivali – del momento: la star hollywoodiana Félix (Antonio Banderas) e il volto del teatro impegnato Iván (Oscar Martínez), chiedendo loro di affrontare prove al limite dell’assurdo. Insieme formano un trio che suscita risate per quanto si prende sul serio ma fa anche riflettere sui meccanismi che ci fanno piangere o ridere. Ogni volta in modo diverso.

Il 12 maggio, Penélope sarà una spia sui generis tra le 007 donne di Secret Team 355 di Simon Kinberg, accanto a Jessica Chastain e Diane Kruger. E prossimamente la vedremo in due film ambientati in Italia: L’immensità di Emanuele Crialese, ambientato a Roma negli anni 70, ed Enzo Ferrari, il biopic del pilota e imprenditore modenese firmato da Michael Mann (lei sarà la moglie accanto ad Adam Driver).

In Finale a sorpresa – Official Competition sei una regista dal grande ego. Che effetto ti ha fatto interpretarla?

«È stato stranissimo perché è un personaggio molto lontano dal mio modo di essere e sentire. Lola è una che vive nel suo mondo e di fronte a chiunque pensa: “Questa è la mia realtà e quello che conta per me, quale sia la tua non mi interessa ed è inutile che me ne parli perché non ti ascolterò”. È una di quelle persone chiuse, un po’ autarchiche, che non cerca uno scambio di idee ed esperienze ma, proprio perché non vuole condividere nulla, è anche infelice e sola. D’altronde chi può aver voglia di passare il suo tempo con una così?».

È stato difficile anche da attrice convivere con lei?

«È stato a tratti un po’ triste, oltretutto ci ho convissuto per un paio di mesi sul set. Ho dovuto connettermi con la sua solitudine, con l’impossibilità che ha questa donna di essere felice: come puoi riuscire a trovare un equilibrio se tratti te stessa e gli altri in quel modo?».

Sei mai stata diretta da registi così centrati su se stessi? Perché descriverli può essere liberatorio, quasi una picco- la vendetta…

«Sinceramente non ho mai avuto rancori di questo genere. Ma qualcosa di liberatorio c’è quando interpreti qualcuno che se ne frega di tutto e tutti».

Lola si trova a dirigere due grandi attori, interpretati da Antonio Banderas e dall’argentino Oscar Martínez (protagonista, tra gli altri, del film Il cittadino illustre). È stato di- vertente, da donna, strapazzare due uomini celebri?

«Mi sono divertita moltissimo non solo a fare il boss, ma a interpretare un’artista della manipolazione, provocandoli. Anche quando abbiamo improvvisato ho avuto carta bianca: la mia Lola poteva chiedere loro qualsiasi follia, nelle prove, e vedere due grandi attori reagire a quei capricci è stato un vero spettacolo. Così affascinante che avrei voluto uscire dal personaggio per gustarmelo meglio».

E tu come vivi la rivalità con colleghe e colleghi, tema al centro della commedia?

«Noi attori, quasi tutti, abbiamo molte insicurezze e la competizione che viviamo non è la gara ad avere più applausi di tutti, come racconta il film e che nella realtà succede in modo meno eclatante: è soprattutto la voglia di superarsi e migliorarsi, un pungolo continuo con noi stessi. Perché il cinema è un lavoro di squadra, sul set non dobbiamo puntare l’attenzione su chi è stato più bravo ma pensare alla riuscita del film. Se non hai questo desiderio è meglio che scegli un altro mestiere. Insomma, nel nostro ambiente non è come nello sport».

Vale a dire?

«In qualsiasi attività agonistica devi essere competitivo per vincere. Mentre nella recitazione devi quasi perderti, dimenticare quello che stai facendo come individuo per scomparire nel personaggio che interpreti. La rivalità fra primedonne non renderebbe migliore né il loro piccolo mondo personale né l’opera per la quale lavorano».

Non eri competitiva neppure da giovane, con la voglia di emergere ed eguagliare attrici più celebri?

«Da ragazza provavo ammirazione per colleghi già affermati, ma sapevo anche quanto è importante l’umiltà. Purché sia autentica, perché dietro comportamenti apparentemente semplici a volte si nasconde una personalità ingombrante: c’è chi trova un modo sottile per camuffare l’ego».

Nel film, Lola dice di non volere bambini perché la distrarrebbero dalle priorità artistiche. Tu hai invece fortemente voluto due figli (Leonardo e Luna, di 11 e 8 anni, dal matrimonio con Javier Bardem, ndr): sono un nutrimento anche per la creatività e la vita professionale?

«Certo, io trovo che il contatto coi bambini non solo arricchisce ma, come artista, mi ispira moltissimo. Quindi interpretare una donna che dice l’opposto mi fa quasi un po’ male. Fra l’altro a me piace anche lavorare con bambini attori, potrei quasi dire che mi sto specializzando in questo senso (ride, ndr)».

Hai vinto la Coppa Volpi alla Mostra del cinema di Venezia interpretando una madre single nell’ultimo film di Pedro Almodóvar, Madres Paralelas (ora on demand su Sky e in streaming su Now, ndr): la maternità è un valore anche vissuta fuori dal classico contesto famigliare?

«Mi piace moltissimo il fatto che Pedro abbia voluto presentare modi diversi di essere madre, scelte che io mi astengo dal giudicare. Il personaggio di Janis in Madres Paralelas è forse il più difficile che abbia mai interpretato e il fatto che io sia una mamma l’ha reso per me ancora più coinvolgente e doloroso, perché so bene che cosa voglia dire provare amore e paura per il destino di un figlio».

È un’esperienza che cambia profondamente ogni donna. Ci sono lati inaspettati, per non dire negativi?

«È una rivoluzione e uno shock anche per chi, come me, ha sempre avuto il desiderio e l’intenzione di avere figli: ti cambia in modo indelebile e imprevedibile. Ma è sempre positivo. Sei costretta a mettere qualcun altro al primo posto nella vita ed è salutare doversi fare da parte, zittire il proprio ego, appunto. Sembrerà strano ma sono convinta che sia proprio questo, la necessità di uscire da sé, a renderci più felici».

Sei diventata famosa in Spagna a 18 anni con Prosciutto prosciutto di Bigas Luna e nel mondo a 25 con Tutto su mia madre di Almodovar: i figli e la famiglia ti hanno aiutato a sentire meno la pressione dei media e della celebrità?

«Oggi sono proprio loro la mia priorità, perciò sto davvero poco sotto i riflettori e giro massimo un paio di film all’anno. Questo mestiere per fortuna mi permette di avere una vita di famiglia molto tranquilla. Passiamo molto tempo in campagna, dove la gente ci conosce e tutti sono abituati a incontrarci, ma anche a Madrid la pressione mediatica si è molto allentata rispetto al passato. Faccio cose normali come andare al supermarket o al ristorante, mi piace stare a casa e cucinare, studio i copioni mentre i bambini sono a scuola».

Il 12 maggio ti vedremo in Secret Team 355 basato su una squadra di spie al femminile tra cui Jessica Chastain, Diane Kruger, Lupita Nyong’o e Bingbing Fan. Puoi anticiparci qualcosa?

«È stata proprio Jessica ad avere l’idea e, quando mi ha chiamata per coinvolgermi, mi ha chiesto che personaggio avrei immaginato di essere in un film del genere. Ho pensato a una persona comune costretta, da una serie di circostanze, a entra- re in un gruppo di agenti segreti, in una specie di avventura. Così è nata Graciela, psicologa colombiana che si allea con le vere 007 per strappare un’arma letale a un gruppo di mercenari. È una figura che porta un po’ di umorismo in un thriller spionistico girato con molto realismo: ogni tanto è divertente fare il “pesce fuor d’acqua”».

Di Valeria Vignale – foto Getty Images