Ludovico Tersigni

Ludovico Tersigni: daje X Factor!

10 dicembre 2021

Ludovico Tersigni tira le somme della sua prima esperienza da conduttore. tra parecchie emozioni e la paura di fare scena muta (e invece è andata benissimo)

 

Chi lo conosceva per le sue esperienze da attore (citiamo su tutte le serie più famose, Skam Italia e Summertime di Netflix) ha avuto la conferma che Ludovico Tersigni non è una meteora generazionale, ma un talento a senso unico: serio, professionale, destinato a crescere e ad arrivare lontano. Chi invece non aveva idea del perché a X Factor avessero chiamato un conduttore che però di mestiere fa l’attore, che è giovane (26 anni) e che al grande pubblico non aveva mai parlato, ha avuto una bella sorpresa. La scommessa di Sky e di Fremantle è vinta a mani basse. Accento romano, faccia simpatica e accortezza per i tempi televisivi, Ludovico Tersigni non fa rimpiangere il suo predecessore Alessandro Cattelan, al timone dello show per ben dieci anni. E a due puntate dalla fine, di diretta in diretta più disinvolto, anche Ludovico può tirare un sospiro di sollievo: «È bello il momento in cui puoi dire: se continuiamo così ce l’abbiamo quasi fatta».

Facciamo un bilancio di questa esperienza, ti va?
«È una delle più importanti della mia vita, delle più costruttive. È un momento di crescita quando sali sul palco e vivi l’emozione negli occhi dei ragazzi che stanno lì e vibrano insieme a te. Ringrazio i giudici che sono stati un grande faro, e sin dall’inizio hanno saputo trasmettermi tanto. E poi c’è ancora la finale: sarà una serata indimenticabile con sorprese, ospiti internazionale molto forti e i quattro finalisti, il fiore all’occhiello di X Factor, perché quest’anno il livello è altissimo».

Qual è stata la paura più grande?
«Quella di salire sul palcoscenico e di non riuscire a parlare, di fare scena muta come a scuola. Ma è successo solo al primo live, perché una volta che dici “buonasera a tutti” poi è fatta».

Sei stato apprezzato per una conduzione molto rispettosa del format. Essere attore ti ha aiutato?
«Sì, è stata soprattutto la recitazione teatrale degli inizi ad avermi aiutato perché ho rivissuto esattamente le scene di quando da bambino facevo i miei primi spettacoli. Ho ritrovato sul palco la stessa apertura mentale, le stesse emozioni di quando il pubblico applaude o quando si accendono le luci. È una cosa ancestrale, fa parte di una vita precedente, eppure c’è. È stata una figata».

Tutti dovrebbero studiare un po’ di teatro a scuola. Sei d’accordo?
«Assolutamente sì. E aggiungo anche il gioco degli scacchi e lo yoga. Sono pratiche che favoriscono la percezione di sé ma anche la logica, il comportamento, il riuscire ad approcciarsi con gli altri. Ci siamo abituati a comunicare tramite gli schermi, anch’io ora che sono a Milano vedo la mia famiglia per mezzo delle videochiamate. Ma non vorrei che tutta questa tecnologia andasse a sostituire quel lubrificante sociale che è la naturalezza con cui ci relazioniamo agli estranei. Da quello che osservo intorno a me, succede soprattuto ai ragazzi, i primi approcci amorosi non sono più di persona ma coi messaggi. Io invece preferisco ancora fare una chiamata, sono un po’ all’antica…».

In effetti è un’anomalia anche la tua assenza dal mondo dei social.
«È una scelta precisa. Tempo fa, con la mia vecchia agenzia, pensavamo che avere un profilo sui social fosse utile per partire, per familiarizzare in vari contesti ma quando mi sono reso conto che è un sistema che non so come utilizzare bene, che è uno strumento da cui non traggo un beneficio reale mi sono tirato indietro. Mi sono detto: “Se mi metto i bastoni tra le ruote da solo è finita!”. Se ci fai caso, con questa foga che abbiamo di dare la parola a chiunque, si rischia di scrivere e di leggere delle cose che non stanno né in cielo né in terra».

Torniamo a X Factor. C’è una parola che associo al tuo modo di fare con i concorrenti: empatia. Ti ci ritrovi?
«Alle prime due puntate ho sofferto molto per le eliminazioni, per il rapporto che avevo sviluppato con il percorso di questi ragazzi, indipendentemente da chi fossero gli eliminati. C’è da dire che io ero ancora acerbo ma in un percorso di sette puntate la crescita dev’essere veloce. E infatti a metà dei live ho capito che comunque vada per i talenti che si sono esibiti è una figata: hanno fatto sentire la loro musica, possono continuare a farla fuori dal programma e magari tra dieci anni faranno concerti come i Måneskin oggi, e io dirò di averli conosciuti. Sono giovanissimi, chissà dove potranno arrivare. Per me è un onore essere lì all’inizio delle loro carriere e un po’ mi sento uno di loro, provo a essere musicista anch’io (Ludovico suona il basso e la chitarra in una band di amici, ndr)».

Da musicista, ritieni che il talent sia ancora un buon palco per farsi conoscere?
«Un ottimo palco. In particolare, credo che X Factor sia lo show musicale più figo che c’è in Italia. È una fucina, una fabbrica dove i ragazzi vanno a sperimentare e allo stesso tempo si mettono costantemente alla prova. Questi talenti hanno un doppio privilegio, per la visibilità che la trasmissione garantisce e perché quello che c’è dietro è un percorso fatto di insegnamenti, che loro fanno propri in così poco tempo, è sbalorditivo. Ma l’insegnamento è anche una chiave: se apri la porta e la stanza è vuota non c’è molto da fare. Se invece è piena di meraviglie allora funziona tutto, perché si sbloccano delle potenzialità presenti ma che nemmeno loro (i concorrenti, ndr) sapevano di avere. Inoltre non dimentichiamoci che lavorano con dei professionisti della musica: anche una correzione diventa preziosa».

Ti è capitato di non essere d’accordo con le decisioni dei giudici?
«Può succedere, come può succedere di non essere d’accordo con le dinamiche stesse del programma o con l’eliminazione di un concorrente. Ma il mio ruolo non mi permette di esprimere nessun tipo di considerazione in questo senso, io devo sempre essere super partes. Però c’è una ragazza che mi è rimasta impressa per la sincerità che aveva nell’esprimersi a livello del cantato: si chiama Miriam e purtroppo non è arrivata ai live. Ecco, secondo me lei è molto brava, spero che continui il suo percorso nella musica».

A proposito di ragazze, cosa ne pensi del regolamento di quest’anno che ha abolito le categorie?
«Rappresenta un momento di grande apertura, ci si apre alla musica e la si accetta per come è fatta, e non è più importante parlare di uomini e donne, di età o altro. Sono tutti solo musicisti. Ma per il pubblico ci vuole un po’ di tempo per abituarsi a questa novità».

Se l’anno prossimo dovessi essere confermato, cambieresti qualcosa nel programma o nella conduzione?
«Per il momento sto nel mio, voglio essere focalizzato e fare bene, ma se e quando ci sarà l’occasione giusta proveremo a giocare di più. Anche se credo che questa sia la mia cifra, e un’impronta l’ho già lasciata, prima di arrivare alle dirette: mi sono presentato in studio con lo skate, ho suonato con Manuel Agnelli».

Posso chiederti se con Alessandro Cattelan vi siete sentiti?
«Sì, io gli ho fatto gli auguri per il suo programma Da grande (due puntate in onda lo scorso settembre su Rai 1, ndr) e lui la sera del primo live mi ha scritto un messaggino che mi ha dato tanta forza, è stato importante per me».

Hai già deciso cosa farai dopo l’ultima puntate di X Factor?
«È stato un anno faticoso, credo che chiuderò baracche e burattini per un po’ e andrò in viaggio per rilassarmi. Poi si vedrà, per il momento non sto ancora facendo programmi».

I tuoi hobby: fai arrampicata e sei uno sportivo. Ami anche andare in moto come fa Alessandro di Summertime (il suo personaggio, ndr)?
«Tantissimo, ho la mia moto ma se vuoi sapere di Summertime in pista giravano dei piloti veri del campionato italiano di velocità: se avessi guidato come loro, non avrei fatto l’attore ma il pilota! Per il resto nel tempo libero amo leggere, guardare film, ascoltare musica e suonare, quello che fanno tutti».

Si è parlato tanto di pandemia, creatività e adolescenti. Come stanno secondo te i giovani?
«Si sono in qualche modo riscoperti. Un po’ di tempo per stare a casa ci ha fatto calmare tutti, ci ha fatto trovare nuovi obiettivi, orizzonti che prima non vedevamo. È stato difficile ma secondo me ne siamo usciti in modo creativo e costruttivo, dimostrando anche di avere proprio un bel carattere».

“Daje Ludo” è un’espressione che è diventata quasi un modo di dire!
(Ride, ndr) «Non saprei raccontarti la genesi di com’è nata, ma mi piace molto. “Daje” rende l’idea, è proprio forte!».

Di Rachele De Cata

Foto Francesco Van Straten/Courtesy Press Office