Camille Razat

Mollate gli uomini indecisi e tenetevi le amiche!

01 luglio 2022

Camille Razat è Camille, attrice diventata celebre con la serie Emily in Paris di Netflix. E ci spiega perché non si devono inseguire gli uomini

 

Lei è Camille Razat, l’amica di Emily. Un filo di trucco e via. Capelli biondi finissimi, occhi verdi e il sorriso di un’umanità che forse è la sua più grande bellezza. Camille Razat, 26 anni, è diventata celebre con la serie Emily in Paris di Netflix, di cui sono attese la terza e la quarta stagione. E sulla scia di quel successo internazionale è stata scelta come Global Ambassador di L’Oréal Paris, sfilando con gli altri testimonial sul red carpet del Festival di Cannes. Pur essendo giovanissima, vanta già dieci anni di gavetta.

Inizia a lavorare come fotomodella a 16 anni, mentre ancora frequenta il liceo a Tolosa. Poi si trasferisce a Parigi, si iscrive a una scuola di recitazione e conquista subito ruoli in tv (la serie Scomparsa, 2015), al cinema (Rock ’n’ roll di Guillaume Canet, 2017), a teatro (Le vieux juif blonde di Amanda Sthers, regia di Voler Schlöndorff, 2018).

L’aria semplice di Camille Razat, amica di Emily

Dopo la serie di Netflix, la sua carriera sembra decollata: qualche mese fa l’abbiamo vista al cinema in L’accusa di Yvan Attal con Charlotte Gainsbourg e passato in concorso all’ultima Mostra del cinema di Venezia. Tustyle l’ha incontrata al Festival di Cannes dove, tolti i tacchi e uscita dai riflettori della Croisette, Camille ha l’aria più semplice del mondo. Scarpe basse, occhiali da vista che le incorniciano gli occhi. E lo charme di una ragazza che punta sulla naturalezza.

È il tuo stile personale o la cifra delle donne francesi, come la Camille di Emily in Paris?

«Forse entrambe le cose. Rispetto alle americane o alle asiatiche, qui non puntiamo su colori e abiti appariscenti, ma sulla discrezione. Io scelgo quello che mi fa sentire a mio agio. So per esempio che con il nero non si sbaglia mai. A volte è la scelta più facile e più chic. E non voglio passare ore ad abbinare gli outfit. Mi piace vestirmi bene ma velocemente, mi trucco poco e in massimo otto minuti. Preferisco dedicare il mio tempo ad altre cose».

Hai iniziato a lavorare come mannequin. Il tuo rapporto con la moda è cambiato?

«All’inizio non è stato facile. Dieci anni fa bisognava essere magrissime, e per me non era facile stare a stecchetto né volevo certo finire sottopeso. Guadagnavo tantissimo ma non ero felice, ero circondata da ragazze più alte e più belle di me. Io non arrivo al metro e 70, non sono la classica fotomodella, e spesso mi sentivo inadeguata. Il confronto continuo non mi faceva vivere bene. Ora è diverso. Innanzitutto perché poso da attrice. Questo vuol dire che la mia personalità conta più del resto. E poi perché l’industria sta cambiando, sta diventando più inclusiva».

Un lavoro divertente e appassionante

Hai sempre sognato di fare l’attrice?

«A dire la verità no. Volevo soprattutto divertirmi, trovare un lavoro che mi appassionasse. Mi premeva più questo dei guadagni. La mia strada l’ho trovata casualmente quando, a 18 anni, mi sono trasferita a Parigi e ho frequentato un corso di teatro. Solo allora ho capito che cosa volevo: essere una persona diversa ogni giorno mi avrebbe permesso di non annoiarmi mai. Non era un mio sogno di bambina, l’ho scoperto. È stato come trovare un diamante».

Ricordi il momento in cui l’hai capito?

«Mentre provavo Ofelia nell’Amleto di William Shakespeare. A un certo punto ho dimenticato chi fossi e dove fossi. È una vera magia, quando succede, perché sei nel presente e non pensi a nient’altro che a quello che vive il personaggio che interpreti. Per me è meraviglioso vivere altre vite. Ed è anche un modo per allargare lo sguardo e comprendere l’umanità».

Da psicologa, quasi.

«Assolutamente. Per rendere credibile quella persona devi immaginare cosa pensa e cosa mangia, che musica ascolta… La curiosità mi ha aiutato».

Camille Razat è Camille in Emily, una sorpresa

Che cosa hai provato quando ti hanno offerto Emily in Paris?

«Non potevo crederci. Una serie in lingua inglese per giunta con un’attrice come Lily Collins, che ammiro tantissimo. Mi chiedevo: “Possibile che vogliano anche me?”. Avevo un’ansia pazzesca alla sola idea di lavorare con Darren Star, creatore anche di Sex and the City, uno che nelle sue storie ha messo le donne in primo piano. Ho fatto cinque audizioni, all’ultima sono andata con la febbre, perché stavo malissimo. Immaginarsi la sorpresa quando mi hanno detto che avevo ottenuto il ruolo. Ricordo la telefonata. Ero in vacanza con il mio gruppo di amiche, pronta a farmi consolare per la brutta notizia».

Invece?

«Invece, che felicità! La grande soddisfazione è stata, oltre che lavorare con Lily, recitare in inglese. Perché ho scoperto che parlando in una lingua diversa dalla mia, paradossalmente sono più spontanea. Non sto troppo a pensare, resto nel presente».

Camille, Emily e l’amicizia

A un certo punto della serie Emily tradisce l’amicizia, mettendosi con il fidanzato di Camille. Se succedesse nella vita come reagiresti?

«Preferirei tenermi l’amica piuttosto che inseguire un uomo che non mi vuole più! La prenderei e le chiederei: lo ami davvero? E se mi dicesse di sì, mi farei da parte. Che altro puoi fare in un caso simile? Per un po’ di tempo sarebbe difficile frequentarla, ma poi me ne farei una ragione perché non è colpa di nessuno. E mantenere l’amicizia sarebbe più importante».

Parlavi del tuo gruppo di amiche: sono molto importanti per te?

«Eccome. Siamo sempre insieme: sei attrici, sempre solidali e mai gelose. Sembrerà strano, ma ognuna di noi è felice del successo e delle soddisfazioni delle altre. So che è raro e che sono molto fortunata ad avere un rapporto così profondo e speciale. Sono la mia famiglia, come sorelle, e per me lo saranno sempre: una volta conquistata, sono una persona leale per la vita».

Tra tante amiche e un fidanzato

Hai anche lo stesso fidanzato da sei anni, il fotografo Etienne Baret. Anche lui fa parte del gruppo?

«E certo, siamo inclusive, i fidanzati li portiamo con noi! Il mio ragazzo è felice di frequentare questo gruppo, spesso andiamo in vacanza insieme. Nelle relazioni per me è importante ascoltare. Sta diventando anche quella una rarità, molte persone non ne sono capaci».

A parte Emily in Paris, di quali film vai orgogliosa?

«Il 29 giugno esce in Francia un film di cui sono protagonista: si intitola Mastemah che vuol dire “diavolo” ed è un thriller fatto con tutti i crismi del genere. Tosto. Penso che arriverà presto anche nei cinema di altri paesi».

A teatro il battesimo di fuoco

A neanche vent’anni hai interpretato una schizofrenica nella pièce teatrale Le vieux juif blonde di Amanda Sthers, diretta dal regista Volker Schloendorff. Un battesimo del fuoco: come lo ricordi?

«Come una sfida difficilissima e meravigliosa. Ero in scena da sola, per la prima volta, per un’ora e mezza, e dovevo interpretare le cinque personalità della protagonista. Per fortuna Volker, il regista, mi ha incoraggiato e guidato moltissimo. Potrei quasi dire che è stata la mia migliore performance. Spero che se ne farà anche un film».

Hai detto che, recitando, non rischi di annoiarti. Era il tuo timore da ragazzina?

«Sono cresciuta in provincia e, da bambini, è sicuramente meglio che vivere in una metropoli. Ma ero spesso sola, un po’ nerd. Ho una sorellastra ma ci siamo avvicinate solo da adulte, i miei erano separati e quindi era complicato. Avevo poche amicizie, stavo spesso davanti alla tv a guardare film e video, e soprattutto avevo intorno a me adulti frustrati e un po’ infelici. Avevo paura di diventare come loro: io voglio godermi la vita il più possibile».

di Valeria Vignale – foto Getty

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