12 maggio 2022

Carlotta Antonelli: “Prendo tutto il bello che mi capita”

Prima di assaporare il successo che si merita, Carlotta Antonelli ha vissuto un’adolescenza difficile, complicata. e oggi? «Prendo tutto il bello che mi capita»

 

Sono passata attraverso la bufera». È una frase che non ti aspetteresti da una 26enne attrice di successo ma Carlotta Antonelli ha una storia (e una consapevolezza) speciale. Origini siciliane, genitori separati da quando aveva 8 anni, tre sorelle e un fratello ai quali ha spianato la strada da primogenita, Carlotta ha avuto nell’adolescenza una crisi molto profonda e ne è uscita, trovando la sua strada anche grazie alla recitazione.

Nel 2016 esordisce nella serie Solo di Michele Alhaique (Canale 5) ma è coi primi 10 episodi di Suburra, su Netflix, che la sua ascesa diventa inarrestabile. Lavora per il piccolo schermo (Immaturi, Vivi e lascia vivere) e per il grande. Nel 2019 è al cinema con Bangla di Phaim Bhuiyan, che racconta con molta ironia l’amore tra due ragazzi italiani, lui di religione musulmana perché originario del Bangladesh proprio come l’autore-attore-regista esordiente. Il film è diventato un piccolo cult e Rai3 ne ha fatto una serie disponibile su RaiPlay.

«Mi piace l’approccio di Phaim perché  politically correct”» dice Carlotta, che interpreta Asia, fidanzata di Phaim spesso in trattative per poter vivere un po’ più liberamente la sessualità frenata dalle regole religiose. Tutto è buffo dell’incontro fra i due, anche il coinvolgimento dei genitori, con il padre fricchettone e terzomondista di Asia (Pietro Sermonti) che cerca di conquistare i futuri (forse) consuoceri cucinando ricette orientali.

Come ti sei trovata in questa strana coppia?

«È stato semplice e divertente interpretare una ragazza italiana libera e laica, simile a me. Una che ha avuto altre storie prima di innamorarsi di Phaim. Mi piace il fatto che lo rincorra e che scopra solo gradualmente le sue regole di vita. Abbiamo approfondito nella serie temi che già erano nel film: ammiro la capacità che ha Phaim di guardare con ironia momenti e situazioni, anche difficili, che ha vissuto davvero».

Non pensi che sia difficile, quasi inverosimile, che una ragazza libera come Asia accetti tanti paletti nell’esplorazione della sessualità?

«Chissà quante coppie miste vivono esperienze simili, oggi in Italia. Asia e Phaim sono entrambi cresciuti qui e non si sentono così diversi. Io stessa sul set, lavorando con lui, lo vedo simile a me anche se è originario del Bangladesh, di ragazzi come lui ce ne sono tanti. Perciò trovo naturale, se nasce un amore, che due persone cerchino di adattarsi uno all’altra e trovare dei compromessi. Accettando anche la stranezza di una lunga attesa prima di fare sesso. Insomma è una storia d’amore contemporanea, per quanto insolita, curiosa».

Guardando la serie sembra che, sul fronte sessuale, sia lei la più trainante: è un modo di essere delle ragazze della tua generazione?

«Il desiderio fa parte dell’innamoramento a qualsiasi età, per uomini e donne. Nella storia, Phaim si frena per motivi religiosi ma intorno a me vedo tante persone che si negano i desideri per paura di viverli e non hanno motivo di farlo. Io sono felice di aver imparato a vivere bene».

Cosa vuoi dire?

«Quando sei confuso e problematico, com’ero io da adolescente, non hai gli strumenti per realizzare i tuoi desideri. Per maturare una consapevolezza ho dovuto lavorare parecchio su me stessa, facendomi un mazzo così per uscire dalle dinamiche adolescenziali e vedere le cose con più lucidità. Oggi la vita mi piace da morire e sono positiva, voglio prendere tutto ciò che càpita di bello. Mi nutro di desideri, di qualsiasi tipo. Sembrerà strano ma sono arrivata alla conclusione che essere felici sia una conquista, non solo una fortuna, e pure molto faticosa. Per vivere pienamente bisogna scrollarsi di dosso la paura».

La recitazione ti ha salvata?

«Diciamo che mi ha fatto trovare una direzione. Avevo lasciato il liceo classico prima della maturità perché mi ero persa: non c’era nulla che mi interessasse, che desse un senso alle mie giornate. Ero bloccata e oltretutto, da primogenita di 5 figli, avevo responsabilità troppo grandi per la mia età e ho dovuto lottare per sciogliere situazioni che le mie sorelle e mio fratello hanno potuto vivere con più tranquillità».

In compenso hai ottenuto ruoli pur non avendo fatto scuole di recitazione.

«All’inizio mi dicevano spesso che ero acerba, che non avevo studiato, ed era la verità. Era frustrante ma ho continuato a fare provini e buttarmi, perché ho capito che i rimpianti mi avrebbero fatto stare peggio. Sono uscita dalle mie difficoltà personali quando ho iniziato a pensare: “Voglio vivere con coraggio”».

Che cosa è cambiato?

«Tutto. Ho rischiato, e avuto ruoli sempre più interessanti. Ho imparato sul campo. Girare Suburra – la serie mi ha sciolto e mi ha proiettato anche psicologicamente verso questo mestiere. Fatico a dire che sono un’attrice pur avendo fatto esperienze che mi hanno dato molta sicurezza. Voglio crescere, imparare, diventare brava. Me la devo guadagnare, la carriera».

Ogni tanto fai anche la modella: ti piace?

«Con la moda ho un rapporto meraviglioso, mi diverto a interpretare i vestiti perché è come fare l’attrice per gioco. Girare i cosiddetti “fashion film” mi diverte tantissimo: torno bambina come quando mettevo le collane di mia nonna e le scarpe coi tacchi di mia madre per giocare a fare sfilate per casa. Quotidianamente invece non seguo più di tanto la moda. Sono quasi sempre in jeans, indosso quello che mi piace quel giorno senza neanche guardarmi allo specchio. A volte il rossetto lo metto camminando per strada».

Cosa desideri per il futuro?

«Sogno in grande ma sto coi piedi per terra e ho imparato a prendere ogni giorno quello che si presenta alla porta di casa. Sono fiera di essere emersa senza aver avuto aiuti o spintarelle. La mia è una famiglia semplice e metà del mio cuore è ancora in Sicilia a Torre Faro, la frazione di Messina dove andavo da bambina per stare con nonno Paolo e nonna Pina».

Sei molto legata alle tue radici?

«Sì, e almeno una volta l’anno torno lì, in quel paesino antico con case semplici come la loro, con le barchette davanti. Non è un luogo turistico eppure ti spogli e togli le scarpe perché non serve nulla: da piccola facevo una vita selvaggia. La prima volta che i nonni hanno letto una mia intervista si sono messi a piangere dalla gioia: sono cose che di solito vedi nei film, non credi che possa capitare a te».

È vero che hai una famiglia creativa?

«Mia madre è una fotografa. Mio fratello fa l’attore, una mia sorella è violinista, un’altra canta. La musica ci legava molto da bambini: nei momenti tristi, bastava che uno di noi iniziasse a cantare e l’umore cambiava, riuscivamo a farci del bene. Ricordo un’atmosfera impagabile. Avrei tante di quelle storie da raccontare».

Non hai mai pensato di farlo, magari al cinema o in tivù?

«Scrivo, e qualcuno mi ha incoraggiato ad andare avanti. Con tutto quello che mi è successo negli anni, tanti episodi sono belli da raccontare e altre donne sicuramente si identificherebbero nelle mie esperienze di bambina e ragazza. Mi piacerebbe girare un corto ma prima devo imparare. Anche scrivere un film, un giorno, chissà. Ho una gran voglia di condividere le mie storie».

Di cosa parleresti?

«Soprattutto di relazioni. Di amore, amicizia, famiglia. Di rapporti malati che non riesci a chiudere, di altri così meravigliosi che fanno paura e così li fai finire. A volte non abbiamo il coraggio di vivere le cose fino in fondo e stare male è più semplice che stare bene: ho fatto fatica ad arrivarci ma ho scoperto quanta fatica ti richiede. Da ragazza ho spesso sentito dire a persone adulte: “Avrei potuto fare questo o quello”. E mi chiedevo: “Ma perché non l’hanno fatto?”. Io non voglio arrivare mai a dire: “Avrei potuto”».

Sei giovane per parlare d’amore: che cosa hai osservato e cosa vorresti?

«Nonostante i miei genitori si siano separati quando avevo soltanto 8 anni, e anche se ho visto tante coppie lasciarsi, ho sempre creduto fortemente nell’amore e nel rapporto di coppia. Sono convinta che ci si possa innamorare sempre, a ogni età, e non solo una volta nella vita. A volte più intensamente, altre volte meno. E comunque spero di trovare non tanto qualcuno che mi somigli, ma che mi corrisponda».

Ci sei riuscita?

«In questo momento sono impegnata, sì. E davvero tanto felice di stare con un ragazzo (non è un attore, ndr). Se però mi chiedono perché non so cosa rispondere: non sempre hai una spiegazione razionale per i sentimenti. E forse è anche meglio così».

 

Intervista di Valeria Vignale – Foto di rRoberta Krasnig –  Styling di Rita Benedetto

Trucco e pettinature di Fulvia Tellone@SimoneBellimakeup. Si ringrazia per la location Hotel Aleph Roma.