10 agosto 2017

Naomi Watts: “Ho deciso di fare l’attrice guardando Saranno famosi”

Ne ha visti tanti di mondi, Naomi Watts e non solo sul set. Dopo la scomparsa del papà all’età di otto anni (era il sound engineer dei Pink Floyd, nell’album The Dark Side of the Moon si sente la sua risata) la 48enne attrice inglese ha vissuto in Australia: è lì che ha mosso i primi passi come attrice. Ha fatto amicizia con Nicole Kidman («Sul set di Flirting, ma lei era già famosa») e iniziato la gavetta che l’ha portata negli Usa, dove ora vive da mamma single con i due figli avuti da Liev Schreiber (si sono separati lo scorso autunno).

A 33 anni è arrivata la svolta, con Mullholland Drive di David Lynch. E dopo aver girato film di ogni genere, è approdata anche in tv. Adesso è su Netflix con la serie Gypsy, che racconta in modo originale la crisi di una quarantenne, e su Sky Atlantic in Twin Peaks. Mentre nel cult di David Lynch la si vede solo in alcune puntate, di Gypsy è la protagonista assoluta: interpreta una donna dalla vita apparentemente perfetta che però non le basta più. Fa la psicanalista, ha una famiglia, ma qualcosa di lei è rimasto sepolto dal bisogno di sicurezza e la spinge a cercare altre avventure.

È qualcosa che, in maniera meno estrema, succede a molte quarantenni…
«Di sicuro a questa età senti una frenesia di vivere che non provi quando sei più giovane, forse perché ti viene il dubbio di non aver fatto tutto quello desideravi. Non sempre porta a cacciarsi in guai seri come il mio personaggio: a lei succede perché è una donna irrisolta, si è adeguata a certi schemi per poi scoprire che non le danno felicità».

Da Girls a Big Little Lies, molte serie tv raccontano il mondo femminile. È anche l’idea di Gypsy? «Direi di sì. A me piace interpretare una donna reale, non stereotipata. Finisce per manipolare i suoi pazienti, ma più per problemi suoi che per cattiveria o immoralità. Non è una svitata totale, ma un miscuglio di bene e male come tutte noi. Invece Hollywood non offre più personaggi così sfumati».

Il cinema non racconta spesso l’erotismo femminile. Che effetto fa girare scene di masturbazione o amore omosex?
«In effetti è stato strano masturbarsi davanti a un’intera troupe o girare scene di sesso tra donne, ma non c’è nulla di morboso o scandaloso nella serie. E ho deciso di produrla anche per avere voce in capitolo, per evitare forzature».

Lei ha annunciato la separazione da Liev Schreiber lo scorso autunno, dopo aver presentato con lui un film girato insieme, The Bleeder, al Festival di Venezia.
«Con gli anni affronti problemi di coppia che non immaginavi, ma noi abbiamo una grande stima reciproca. Il film è la storia del pugile Chuck Wepner che ispirò Rocky a Sylvester Stallone. Io sono la seconda moglie, tipa ironica e appariscente. Sul set ho divertito tutti con parrucca e tette finte: ero così diversa dal mio solito look!».

Come attrice ha fatto le esperienze più diverse: come si immagina in futuro? «Cerco di spuntare tutte le caselle. Vorrei raccontare storie interessanti, sperando di non mettere tutta me stessa in qualcosa che poi non piace agli altri. Quando hai dato energie, sudore e sangue a un progetto, rischi di uscirne a pezzi se gli altri non ne vedono la bellezza com’è successo a te».

È accaduto spesso? «Pensi a Mulholland Drive: oggi è considerato un capolavoro, ma nel 2001 pochissimi lo videro e non fece soldi. Invece io divido la mia vita in “prima e dopo” quel film di David Lynch».

Che allora disse di lei: «Naomi è talento, intelligenza e bellezza nello stesso pacchetto». Che cosa ha significato tornare a lavorare con lui in Twin Peaks?
«Per me è un mentore e un amico. Non solo ha un gran cuore, ma tutto quello che dice e crea è intelligente e bizzarro, divertentissimo. E lo ammiro anche perché, da 40 anni, fa meditazione trascendentale due volte al giorno: io ci provo, ma non sono così disciplinata».

Lei ha iniziato a studiare recitazione a 14 anni: un’idea di sua madre, che era stata attrice e poi costumista? «No, ero stata io a farglielo promettere quando ci siamo trasferiti in Australia, cosa che mi spiaceva perché non avrei avuto vicino i miei amici. Avevo deciso di fare l’attrice guardando Saranno famosi. Non sognavo di diventare celebre o di ballare sui banchi di scuola, era la creatività ad affascinarmi.

E suo padre l’aveva mai portata a un concerto dei Pink Floyd «Ero piccola quando è scomparso, non ne ho quasi memoria. Però ho ascoltato spesso la sua risata in The Dark Side of the Moon».

Valeria Vignale